La Kabbalah – gli eventi negativi ci “svegliano”

Intervista a Deborah Naor

Di Emanuela Niada

Deborah Naor, l’insegnante di Kabbalah che vive a Tel Aviv e una volta al mese tiene dei corsi a Milano, è tornata a trovare i B.Livers (che ne hanno approfittato per intervistarla), perché dopo l’ultimo incontro ha detto di aver molto riflettuto sulla situazione dei nostri ragazzi che, oltre alle solite sfide dell’adolescenza, si trovano ad affrontare la malattia, ponendosi mille domande sul proprio destino. 

Che differenza c’è tra essere reattivi o proattivi?

«Nel primo caso si tratta di una reazione istintiva, automatica dell’ego che percepisce la realtà attraverso i cinque sensi, seguendo la legge di causa ed effetto; mentre nel secondo caso si mette in atto una maggiore consapevolezza, con una visione più ampia e a lungo termine in cui è inserita la propria vita individuale. Si tratta del percorso della nostra anima, che ha già effettuato esperienze precedenti in molteplici vite e che ha un progetto per noi, scelto prima di incarnarci, ma che dimentichiamo vivendo. A volte servono eventi negativi (spesso traumatici) per farci “svegliare” e riprendere la rotta che avevamo definito, da cui abbiamo, poco o tanto, deviato. Questo è il “risveglio” di cui si parla. Ogni momento siamo portati a compiere delle scelte, ma se non sappiamo esattamente cosa vogliamo, non potremo mai raggiungere il nostro scopo. Che cosa ricerchiamo esattamente? Quanto dura la felicità? Qualche attimo, oppure giorni, una settimana, un mese? Noi siamo desiderio e stiamo bene nell’energia di appagamento, come pure nell’affetto di coppia. La Kabbalah non nega la fisicità».

Che cosa significa desiderio?

«Noi siamo corpo. Per esempio la mamma che non ama cucinare, ma prepara con amore il cibo per il figlio, gli trasmette la sua intenzione affettiva che sarà per lui fonte di gioia. Il pensiero è energia e l’amore viene trasmesso attraverso parole e gesti. È un concetto metafisico che deve essere però manifestato per poter essere recepito concretamente dall’altra persona. Kabbalah significa ricevere. Non si tratta di un desiderio egoistico, ma di una richiesta di maggior luce da poter poi condividere. Il prisma di Newton, investito dalla luce bianca si moltiplica in raggi di tanti colori, quante le modalità di espressione. C’è chi ama la musica rock e chi la classica. Nessuno ha torto o ragione. La varietà è ricchezza. Con la fisica moderna, così come spiegavano i kabbalisti più di 3000 anni fa, si è capito che il mondo è illusione, la realtà è composta da atomi, con il 99% di energia non tangibile. Il nostro corpo sperimenta vari impedimenti sia fisici che pratici: può rimanere senza cibo per un mese, senza acqua, forse, per due giorni e senza aria solo pochi minuti. Ma perlopiù i nostri limiti derivano dall’educazione e dai suoi condizionamenti. Da quando ho intrapreso questo percorso, pur avendo a disposizione come tutti ventiquattr’ore al giorno e sette giorni settimanali, mi sembra di riuscire a fare di più se mi sintonizzo sull’energia dell’anima. L’energia di appagamento che cerchiamo è luce». 

Illustrazione di Andrea Lucca

Parlavi di desideri, ma di che tipo?

«Ci sono 2 tipi di desideri: l’1 per cento sono immediati, egoistici; mentre

il 99 per cento sono a lungo termine, orientati agli altri, di natura creativa. Ciò che bisogna considerare è l’intenzione, che ci rende consapevoli del nostro scopo e del compito di vita. Ognuno di noi ha un “Tikkun”, che è il proprio disegno dell’anima. Niente è a caso. Esiste un destino, ma c’è un certo margine di manovra grazie al libero arbitrio. Ci sono leggi a cui tutti indistintamente siamo sottomessi, come la gravità, per esempio. Nelle piccole cose quotidiane possiamo invece produrre dei cambiamenti, imparando a sentire le due voci dentro di noi e a distinguerle. Vi farò una rivelazione: ho capito qual è il mio Tikkun (o correzione) che sono venuta a fare in questa vita: è di dare più importanza alle persone vicine a me, dato che sono più portata ad occuparmi del prossimo per cambiare il mondo».

Ho imparato a spegnere il chiasso dentro di me e a distinguere fra le richieste esterne e le mie vere esigenze e desideri per cercare di stare meglio con me stessa.

«Le sfide che ti accadono hanno una trama perfetta, che però non riesci a distinguere da vicino. Il Grande Disegno va visto dall’alto, con una prospettiva più ampia. Noi scappiamo dal conflitto. La nostra ragione ha una logica limitata. Il risultato finale dipende dal seme che pianti. Tutto è un esercizio di consapevolezza. La nostra anima sceglie il percorso di vita in vita. Fino a 12-13 anni si ha a che fare con la vita passata. Dai 21 si è sottoposti alla legge di causa ed effetto». 

Come si fa a insegnare a un bambino a distinguere le due voci interiori? 

«I bambini sono molto più connessi di noi alla loro vera natura, non hanno sovrastrutture e riescono a distinguerle con più facilità. Nelle classi di Kabbalah per bambini si usa un pupazzo col cuore disegnato sul petto e uno senza e chiediamo loro di farli interagire. È sorprendente quanto siano capaci».  

Sarebbe bello che nelle scuole si insegnasse ai bambini a comprendere se stessi e il proprio comportamento. Spesso si sentono in difficoltà senza comprendere perché. Esplorando le emozioni e imparando a gestirle, i piccoli imparerebbero a liberarsi facilmente dai condizionamenti per esprimersi in modo autentico. Utilizzare l’intelligenza del cuore sarebbe il primo passo per creare una società più sana e felice.