di Riccardo Bini, B.Liver
Il B.Liver Riccardo è un aspirante sceneggiatore, e per questo sa bene che ogni grande storia è generata da un conflitto. Il suo, ad esempio, era tra le mura domestiche: un padre onnipresente non sempre positivo, ma sicuramente sempre con lui. In questo articolo Riccardo propone una rivisitazione del tradizionale (e tradizionalista) rapporto padre-figlio: "Padri, sperimentate di più."
Mio padre era il mio conflitto, il motore della mia storia
Da aspirante sceneggiatore, in tutti i corsi che ho seguito durante il mio percorso di studi, i miei Maestri mi hanno sempre spiegato che c’è una regola fondamentale in tutto ciò che riguarda la narrazione: non c’è storia se non c’è conflitto. Difatti, il cruccio più grande di ogni scrittore che si siede alla scrivania e affronta un foglio bianco è quello di ricercare il tanto agognato conflitto che possa dare benzina al motore della propria storia. Purtroppo, con questa regola non sono mai andato tanto d’accordo, seppur la mia più grande fonte l’ho sempre avuta tra le mura domestiche.
Provengo da una famiglia tradizionale e tradizionalista. Mio padre è sempre stato presente in ogni momento della mia crescita, ha sempre avuto un forte potere su ogni decisione che mi riguardasse. Da bambino a ragazzo, da ragazzo a uomo. E continua ad esserlo tutt’ora. Sembra quasi assurdo che questo possa essere motivo di conflitto, so per certo che esistono persone che darebbero l’anima per avere un padre presente e costante, un punto di riferimento. Eppure, questa onnipresenza nella mia vita si è tramutata in una fonte di angoscia deleteria per il mio sviluppo e la mia affermazione.
Non sempre un padre presente porta con sé elementi positivi, eppure mio padre non è mai andato via
Questo perché mio padre, seppur sempre al mio fianco, ha sempre innalzato la sua posizione di genitore su un gradino più alto. Sbandierando la maggior esperienza dei suoi anni rispetto alla mia giovane età, ha sempre condizionato le mie decisioni. E in ogni grande fallimento, in ogni grande momento difficile, il mio primo pensiero è sempre andato a lui e a come potesse reagire di fronte al mio problema. E così il nostro rapporto si è lentamente deteriorato, al dialogo si è sostituito lo scontro e gli scontri non portano mai a nulla di buono.
Eppure lui non se n’è mai andato, seppur in diversi momenti abbia minacciato di farlo e nemmeno io ho mai fatto il passo che mi avrebbe portato a una rottura definitiva con lui. Questa spasmodica dipendenza reciproca è sempre stata la cosa che mi ha terrorizzato di più in assoluto. Che io senza di lui, in fondo, non sono niente e non riuscirò mai ad esserlo. Perché sono sempre stato abituato, nel bene e nel male, ad appoggiarmi a lui così come ad incolparlo.
Oggi gli direi “papà, hai ragione”, ma ora è tempo di sperimentare insieme
Oggi però, dopo non poca fatica e un lungo percorso, riesco a vedere le cose da una diversa prospettiva. Per questo, se potessi tornare indietro a quei momenti in cui mio padre si è sempre giocato l’insuperabile carta dell’esperienza, gli direi una semplice cosa: hai ragione. Questa è la verità. Il vero problema sta nella lettura di questa carta.
Perché in un mondo ideale in cui passato e presente dialogano, si riuscirebbe a capire che le esperienze fatte da soli e che ci hanno formato, non sono le stesse che vent’anni dopo un figlio affronta. Vorrei quindi poter spiegare a mio padre che per quanto la sua esperienza sia stata fondamentale, mi sarebbe piaciuto che capisse che in certi casi sia giusto metterla da parte per scendere di nuovo in campo e sperimentare insieme al proprio figlio, senza per forza indirizzarlo verso una strada che lui ha già percorso.
Mi verrebbe quindi da fare un piccolo appunto ai miei colleghi creatori di storie. Forse non è sempre necessario ricercare in maniera compulsiva il dramma e il conflitto in ogni angolo del mondo. Forse sono l’esperienza e gli sbagli che la plasmano a creare persone in grado di raccontare storie che possono emozionare, che possono coinvolgere, che condividono un messaggio.
“Questa spasmodica dipendenza reciproca è sempre stata la cosa che mi ha terrorizzato di più in assoluto. Che io senza di lui, in fondo, non sono niente e non riuscirò mai ad esserlo. Perché sono sempre stato abituato, nel bene e nel male, ad appoggiarmi a lui così come ad incolparlo.”
– Riccardo Bini