InVisibile Festival: “Ho visto la bellezza delle ferite”

Illustrazione di una mano che ha delle piccole cicatrici, dalle quali nascono dei bellissimi fiori colorati
"Ascoltare le parole di persone che, con coraggio e determinazione, affermano la bellezza delle ferite e l’inesistenza di un canone di perfezione universale, mi ha dato modo di riflettere sulle motivazioni alla base del mio desiderio di rimozione e di comprendere che non c’è motivo di rendere invisibile ad altri ciò che rimarrà per sempre visibile ai miei occhi." Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator

di Giorgia Beltramini, B.Liver

La B.Liver Giorgia ha passato diverso tempo a cercare di eliminare le tracce del dolore dal suo corpo, ricorrendo ad ogni pratica per cancellare via i segni di un passato doloroso. All'InVisibile Festival, trovando cicatrici simili alle sue, ha finalmente capito che non c'è necessità di "rendere invisibile ad altri ciò che rimarrà per sempre visibile ai miei occhi", riscoprendo il valore delle sue Cicatrici.

Il mio corpo è una casa che mi porto addosso

Sopra i muri ha scritto quello che è successo

L’ho buttato sopra una poltrona senza cura

Come fosse di un’altra persona

E l’ho spogliato e dato al vento come una bandiera

L’ho aperto e chiuso come avesse dietro una cerniera»,

Michele BraviStoria del mio corpo

Le mura di casa mia

Ho sempre rifiutato le mura della mia dimora: le ho ferite volontariamente pensando fosse l’unico modo per smettere di pensare e soffrire con l’anima; nel tentativo di sbarazzarmene ho causato dei segni evidenti e indelebili che si estendono su tutta la superfice e che oggi, a distanza di anni, suscitano la curiosità dei passanti.

Non capita di rado che qualcuno si fermi ad osservare e i più indiscreti, armati di innocente coraggio, bussano alla porta per ottenere informazioni e spiegazioni, non facendo altro che alimentare un’atmosfera carica di tensione. Queste continue domande mi hanno spinta a cercare metodi per rimuovere le «imperfezioni» e, trovando conforto nell’idea che presto avrei abitato una casa come le altre, ho incanalato tutte le mie energie verso il miglioramento degli interni che, da inospitali e caotici, sono diventati più confortevoli e armoniosi, a tratti in contrasto con l’esterno.

Ho creato stanze più confortevoli

Le stanze, a lungo rimaste chiuse, hanno iniziato a parlare e, permettendomi di lavorare su ciò che è invisibile all’esterno, ho acquisito la consapevolezza che dietro al disprezzo per le mura si celava una profonda solitudine e fame d’amore. La rimozione dei segni del passato avrebbe dunque sancito l’inizio di una nuova era, una fase di vita all’insegna della riconciliazione tra dentro e fuori… Mi sbagliavo, per questo tipo di segni non c’è molto da fare.

Determinata a trovare una soluzione, sono ricorsa alla (dermo)pigmentazione che, tanto promettente quanto poco conosciuta, ha portato a un esito indesiderato: le mura hanno rigettato il colore e mi sono dovuta adoperare per prendermi cura di quelle pareti che, per molto tempo, ho cercato di riportare alla condizione originaria. Caso vuole che in quei giorni partecipassi alle attività proposte in occasione dell’InVisibile Festival: un ambiente magico e privilegiato in cui ho avuto la possibilità di visitare luoghi che, proprio come casa mia, recano i segni più o meno evidenti di un passato che non passa.

È stato emozionante entrare in contatto con realtà apparentemente diverse ma profondamente accomunate da una forte consapevolezza di sé, della propria storia e della potenza trasformativa del dolore. Ascoltare le parole di persone che, con coraggio e determinazione, affermano la bellezza delle ferite e l’inesistenza di un canone di perfezione universale, mi ha dato modo di riflettere sulle motivazioni alla base del mio desiderio di rimozione e di comprendere che non c’è motivo di rendere invisibile ad altri ciò che rimarrà per sempre visibile ai miei occhi.

Scrivo accarezzando le mura della mia casa e sorrido: è davvero possibile fare pace con sé stessi e accettare ciò che è stato, perché amare la vita, come dice Cristiano (B.Liver), è sapere che «finché il freddo entrerà nei miei polmoni e il sole accarezzerà il mio viso, io vivrò una vita felice».

Le stanze, a lungo rimaste chiuse, hanno iniziato a parlare e, permettendomi di lavorare su ciò che è invisibile all’esterno, ho acquisito la consapevolezza che dietro al disprezzo per le mura si celava una profonda solitudine e fame d’amore.”

– Giorgia Beltramini