di Lisa Roffeni, B.Liver
Intervistata dalla B.Liver Lisa, Barbara Orlandini è la co-autrice del libro Ovunque. Esplorazioni cromatiche del mondo queer, che affronta diversi temi riguardanti la comunità LGBTQIA+.
Il libro
Diviso in otto capitoli, si inizia con il primo, il «Capitolo Rosso: alle radici», che narra l’origine del movimento queer, introducendo Stonewall e i fatti accaduti nella notte del 27 giugno 1969, in un locale di New York, nel quale si decise che era ora di agire per non doversi più nascondere (il che è difficile ancora adesso, a più di cinquant’anni dall’accaduto). Vengono aggiunti personaggi importanti, sigle e molto altro, fino ad arrivare al «Capitolo Arancio: dentro e fuori», concentrato sullo stare bene. Il libro continua con creatività, natura, linguaggio, spiritualità, cose che non vorremmo più sentire, successi e traguardi, rispettivamente divisi in Giallo, Verde, Blu, Viola, Nero e Bianco. Per avere una panoramica ancora più ampia, alla fine del libro ci sono contatti utili, suggerimenti (romanzi, serie tv, film…), e glossario.
Perché avete scelto proprio questo argomento?
«Perché è un tema che viviamo (io e Gianluca) in prima persona, e ci sembrava importante raccontare in modo semplice e accessibile alle persone più giovani, per informarle al meglio, ed è il motivo per cui il libro è rivolto a chiunque abbia dagli undici anni in su».
Che cosa ne pensi di disturbi e malattie causati dal peso di essere una minoranza?
«Chi fa parte di una minoranza sente spesso di non essere abbastanza e nessuno dovrebbe sentirsi così. Questo in parte è anche responsabilità della maggioranza che dovrebbe prendersi cura di ogni persona, anche della più fragile. Noi nel libro abbiamo scelto di parlare anche di benessere, proprio perché ognuno dovrebbe avere la libertà di vivere e di esprimersi come vuole, per essere più luminosi con sé stessi e con gli altri. Vorrei aggiungere che chiedere aiuto, spesso è interpretato come debolezza, ma credo, al contrario, che sia un’espressione di grande coraggio, perché guardare in faccia qualcosa che ci spaventa e riuscire a fare il primo passo per affrontarla, richiede un grande impegno».
Sempre riguardo allo stesso tema, credi che i social alimentino queste dinamiche?
«I social possono essere molto utili e positivi, ma anche pericolosi e insidiosi… tutto sta nell’uso che se ne fa. I social sono un riflesso della realtà e per questo possono nascondere anche molta finzione, è importante ricordare che sono una vetrina “pubblica”. Basare il nostro valore o quello delle altre persone solo su ciò che i social ci mostrano, rischia di darci una versione distorta del mondo, per cui penso che sia sano allontanarsene di tanto in tanto, cercando di vivere delle esperienze reali, meglio se nella natura, senza postare, commentare o scrollare i feed».
Ormai è diventata virale l’offesa (o scherzo, dipende dal contesto) «104» per indicare che una persona è disabile, cosa ne pensi?
«Lo trovo simile a dire a una persona: “sei proprio gay” con l’intento di offendere. Di fatto, sono in entrambi i casi parole che nascono senza accezioni negative, ma che strumentalizzate diventano offese violente. La lingua evolve continuamente e questo vale sia per le parole usate come balsamo che per quelle usate come coltelli».

Entrando nel Capitolo Verde: che te ne pare del cambiamento climatico e dell’essere umano, che si definisce superiore agli altri esseri viventi?
«Credersi superiori sta portando diverse conseguenze che vediamo sempre più spesso. Bisogna osservare i segnali che la natura ci manda ormai da decine di anni, per far sì che ci sia un cambiamento in noi. Penso che scegliere di non vedere gli evidenti stravolgimenti in atto sia un comportamento di comodo: se non vedo un problema posso continuare a non agire per risolverlo. Io continuo ad avere fiducia negli umani, ma ogni generazione deve agire attivamente, perché siamo già molto in ritardo».
Come ti riferisci al plurale, quando c’è un gruppo di persone miste?
«Cerco di non dar per scontato che ciò che vedo è quello che è. Quasi sempre pensiamo che davanti a degli individui prevalga il genere di nascita, o perlopiù quello di apparenza, per cui chiedo che pronomi devo utilizzare con la persona coinvolta. È questione di pochi secondi, ma può fare davvero la differenza».
Ci sono degli esempi nella storia in cui l’orientamento sessuale o identità di genere sono stati eliminati dall’individuo?
«La storia è incredibilmente piena di storie modificate, ignorate o cancellate, e proprio per questo oggi raccontare è fondamentale. Tantissime volte nel corso della storia ci sono state narrazioni censurate, e chissà quanti fatti non sono stati scritti nella loro verità, non sapremo mai perché. Quello che abbiamo voluto fare con il libro è stato iniziare a ridare il giusto spazio ad alcune di queste vite».
Per finire vorrei chiederti perché, secondo te, esiste l’omofobia?
«Per ignoranza e per paura di ciò che non si conosce. Credo che questi, declinati in vari modi, siano gli elementi che alimentano l’omolesbobitransfobia, non soltanto l’omofobia. Paura e ignoranza a volte vengono rafforzate da credenze culturali, religiose, sociali, ma alla base c’è il timore di ciò che è diverso da noi».