
La B.Liver Francesca mette in piedi una riflessione personale sulla tragedia che ha sconvolto tutti noi: la morte del piccolo Manuel. Lo fa con una lettera aperta a giovani e adulti, invitando entrambi a riflettere e a prendersi, ognuno di noi, la responsabilità come collettività e non come singoli individui.
Cari giovani e cari adulti,
è da giorni che rifletto sull’accaduto, perché penso che questo drammatico incidente non riguardi solo cinque youtuber di vent’anni che guidavano a velocità esagerata su una Lamborghini e una sfortunata mamma a bordo di una Smart, che si è vista piombare addosso il suv all’improvviso senza poter evitare l’impatto.
Una tragedia che riguarda tutti
Questa tragedia riguarda tutti, adulti e giovani, genitori e figli, insegnanti e alunni, fratelli e sorelle. Perché su quella Lamborghini blu viaggiavano dei ragazzi proprio come noi, con sogni, ambizioni, con una famiglia alle spalle, con degli amici, con una vita davanti che però sembravano sfidare più volte nelle challenge che postavano sui loro canali social «The Borderline».
Maggiore è il rischio che la sfida comporta, maggiori saranno le visualizzazioni e l’appagamento personale. Ma alla fine poi qualcosa di grave è successo, non a uno di loro, ma a Manuel, un bambino di cinque anni che si trovava su quella maledetta Smart e che è morto a causa dell’incidente.
Tra tutti i pensieri che mi hanno riempito la mente in questi giorni, solo una domanda mi ritorna di continuo e alla quale mi piacerebbe trovare una risposta, anche se potrebbe non esserci: perché? Forse è la domanda che ci siamo posti tutti e per questo credo che sia la più importante.
Perché dei ragazzi così giovani decidono di compiere sfide tanto pericolose mettendo a rischio la propria vita e anche quella degli altri?
Maggiore è il rischio che la sfida comporta, maggiori saranno le visualizzazioni e l’appagamento personale.
– Francesca Stefanelli.
Credo che il modo più intelligente di parlare dell’accaduto e di provare a dare una risposta a questa domanda sia attraverso una riflessione collettiva e culturale che coinvolga ognuno di noi. Perché se un ragazzo arriva a compiere un gesto così estremo, la responsabilità non può solo essere della «cattiva» educazione che gli è stata impartita dalla famiglia o dalla scuola e dalla dannosa influenza che i social di oggi hanno nei confronti delle nuove generazioni, come molti più superficialmente affermano.
Ma bisogna avere il coraggio di assumerci le nostre responsabilità come comunità, piuttosto che come singoli.
Voi adulti…
Voi adulti non dovreste solo limitarvi a puntare il dito verso noi giovani definendoci una «generazione persa», senza più valori e speranze, ma dovreste provare a capire il motivo dei nostri comportamenti. Perché in fondo, se molti ragazzi di oggi credono che la massima felicità nella vita sia il raggiungimento della fama e del successo, e per ottenerlo utilizzano i mezzi che gli sono più familiari (quindi il mondo dell’internet e dei social), in parte è anche colpa vostra.
… e noi ragazzi
Viviamo in un’epoca in cui ci viene ripetutamente chiesto di performare, di emergere e di primeggiare rispetto agli altri, perché se non sei il migliore allora non sei nessuno. Cerchiamo di farci spazio in un mondo che però sembra non avere posto per tutti noi.
Siamo talmente insicuri e disillusi verso il futuro che ci attende, che invece di andargli incontro con eccitazione, abbiamo paura a fare il prossimo passo e non sappiamo come muoverci. E allora in questo contesto ognuno di noi tenta a fatica di costruirsi la propria strada, arrivando qualche volta anche a scegliere mezzi e metodi rischiosi per distinguersi dagli altri e per riuscire a raggiungere la tanto agognata notorietà, senza pensare alle conseguenze.
Noi giovani, però, non dovremmo dimenticarci che la cosa più importante non è che cosa facciamo nella vita, ma chi siamo. L’essenza è il vero e unico pilastro da costruire, perché è la cosa senza la quale nulla di quello che facciamo ha veramente senso.
Partendo da questa consapevolezza, come generazione dovremmo cercare di portare avanti un cambiamento comune che non riguardi solo noi, ma che sia intergenerazionale.
Non dobbiamo criticare i modelli e gli insegnamenti del passato creando dei muri, al contrario, dovremmo fare nostri quei valori rendendoli contemporanei. Solo attraverso un dialogo che coinvolga tutti potremo muoverci verso un cambio di rotta collettivo che possa interessarci come umanità desiderosa di un futuro migliore.
“Cerchiamo di farci spazio in un mondo che però sembra non avere posto per tutti noi. Siamo talmente insicuri e disillusi verso il futuro che ci attende, che invece di andargli incontro con eccitazione, abbiamo paura a fare il prossimo passo e non sappiamo come muoverci.”
– Francesca Stefanelli