Il deserto non lo conoscevamo, abbiamo imparato a raggiungerlo col tempo, svincolandoci dalle abitudini frenetiche. Come ci arriviamo oggi, al nostro deserto? Attraverso la lettura, il respiro profondo, attraverso l’attesa. Un’attesa in cui non si aspetta niente ma si comprende a cosa e dove si tende. Il silenzio e il buio ci facevano paura, costruivamo maschere per proteggerci dalle nostre verità scomode, per animare la quiete a cui non eravamo in grado di adattarci.
Il deserto è un palco da box, è una palestra personale che ci insegna ad aggredire la complessità e a ridurla in pezzi da cui far rinascere la verità più limpida e lineare che si possa desiderare. Deserto e silenzio per conoscersi, affidarsi ed espiare. Riscoprire di essere un uomo e di poter cambiare le cose partendo da me.
Abbandonare gli scudi e le corazze e accogliere i pensieri e le emozioni. Buio e silenzio non sono pericolo, se li accetti e cerchi di comprenderne la voce diventano occasione di commozione, dobbiamo custodirne l’intimità e il valore, perché il potere di tale strumento possa accompagnarci nella vita.
Facciamo fatica a fermarci quando si è schiavi di qualcosa, abbandoniamo il nostro ritmo interno per lanciarci in un fiume che ci sbatte sulle sponde.
Saltarne fuori per circondarsi delle cose semplici, per il piacere di sostare nel «pozzo azzurro» che ognuno porta dentro di sé, di ascoltarsi per capirsi, per capire. Nel mio deserto sono contento di poter camminare, nonostante la fatica nel raggiungere le cose importanti, e forse proprio per quella fatica.
Camminarsi dentro può essere difficile e a volte può spaventare se non sappiamo chi siamo e facciamo fatica ad accettarci, ma riscoprirsi dentro significa sapere di cosa abbiamo veramente bisogno per stare bene. E quando sembra che il fiume non ci voglia permettere una tregua, un momento per noi, dobbiamo lottare per conquistarlo.
Cerco il silenzio ciclicamente tutte le volte che arrivo a sentirmi pieno e incastrato, come un albero che succhia la vita dalla terra e trasforma la luce in energia, non dimentico di nutrirmi tanto del cielo quanto della terra. Il deserto è un luogo ma al tempo stesso non lo è. Esso è ovunque e da nessuna parte, il deserto è dentro di me, lo percorro ogni volta che ho bisogno di ritrovare la strada.
La Mammoletta è la «sede del mare» della Fondazione Exodus di Don Mazzi. Fondata nel 1990 da Marta del Bono e Stanislao Pecchioli sull'Isola d'Elba, offre percorsi educativi di accoglienza, reinserimento e prevenzione per adolescenti e giovani adulti con problemi di dipendenza e altri disagi sociali, familiari e psicologici. La collaborazione tra la Mammoletta e Il Bullone nasce nel 2020 con l’obiettivo di far incontrare le comunità di riferimento per mettere al centro il dialogo, le riflessioni, le esperienze condivise di giovani che stanno attraversando, ciascuno a suo modo, periodi complicati e delicati, ma che non smettono di credere nella possibilità dell’oltre e dell’altro.