Storie di rinascita. Marco Maddaloni è campione di judo, padre di famiglia, personaggio televisivo e imprenditore. Con grande schiettezza e autenticità ci parla di rinascita. La rinascita personale e il riscatto attraverso lo sport, partito dalla grande tenacia della sua famiglia e la rinascita di un quartiere, che si chiama Scampia.
di Alice Nebbia, B.Liver
Marco Maddaloni è campione di judo, padre di famiglia, personaggio televisivo e imprenditore. Con grande schiettezza e autenticità ci parla di rinascita. La rinascita personale e il riscatto attraverso lo sport, partito dalla grande tenacia della sua famiglia e la rinascita di un quartiere, che si chiama Scampia.
A Scampia si può «morire» ogni giorno, nel senso di prendere decisioni sbagliate, perdere la fiducia in sé stessi e nel proprio futuro. Come si fa a rinascere in un contesto così?
«Sì, è vero. A Scampia si rischia di morire ogni giorno perché le strade sbagliate sono più di quelle giuste. Però io utilizzo sempre una frase che dico a tutti: “l’importante non è dove nasci ma dove vuoi arrivare”.
Le motivazioni sono il vero motore, sono quelle che non ti faranno prendere mai la strada sbagliata, quelle che non ti faranno mollare, ma continuare anche quando capisci che forse è finita.
Quello che posso dire ad ogni ragazzo che incontro per strada, nel quartiere, oppure nello spogliatoio, è “individua bene le tue motivazioni e fai sì che ogni giorno, quando ti svegli, quelle prendano il sopravvento su qualunque altro impedimento ti possa portare la giornata”».
“individua bene le tue motivazioni e fai sì che ogni giorno, quando ti svegli, quelle prendano il sopravvento su qualunque altro impedimento”
Marco Maddaloni
Voi, come famiglia, avete usato lo sport. Cosa rappresenta per lei e suo padre l’attività sportiva? Perché è uno strumento così potente?
«La famiglia Maddaloni ha usato lo sport come motivo di riscatto. Aldilà di tutto questo, però, ci sono state una grande determinazione e una grande motivazione.
Questo ci ha portato ad essere (lasciamelo dire con un pochino di presunzione) i numeri uno. Noi abbiamo usato lo sport perché mio padre, anche con l’aiuto di mia madre che gli stava accanto, ci ha avvicinato all’attività sportiva. In questo percorso, abbiamo trovato le nostre soddisfazioni, il nostro riscatto».
Ci racconta storie di ragazzi che grazie alla palestra sono rinati?
«Storie da raccontare ce ne sarebbero tante. Ricordo quella del papà di un atleta – che è un vero talento – che stava in carcere in Sardegna. Ha mandato una lettera a mio padre in cui chiedeva di fare da padre putativo a suo figlio perché lui, essendo in carcere, non poteva. Mio padre lo ha fatto.
La prima cosa che ha fatto il padre del ragazzo quando poi è uscito dal carcere, è stata venire in palestra e iniziare ad allenarsi. Oggi gestisce un chiosco a Scampia che funziona molto bene. Questa è una storia di riscatto.
Ma ce ne sono tante altre. Penso a chi è entrato nei carabinieri, in polizia, a chi ha vinto titoli mondiali ed europei. Per loro lo sport è stato davvero una rinascita, ma non solo per loro, anche per i loro figli, ai quali hanno cambiato il destino».
Lei si è mai perso? È rinato?
«Certo che mi sono perso, ma io forse sono nato perso! Nella mia famiglia ero il terzogenito e mio padre aveva già fatto esperienza con mio fratello Pino, che poi è diventato campione olimpico e mia sorella, molto brava.
Io avevo un grande talento, ma questo mi portava a lavorare di meno, perché mi piaceva stare nel quartiere, giocare con i miei coetanei e con altri più vecchi di me che tentavano di portarmi sulla cattiva strada. Questo mi rendeva già la pecora nera della famiglia.
Con il tempo, però, ho avuto la mia motivazione, ossia cercare di diventare il più grande di tutti i tempi. Sicuramente sono diventato un grande atleta, ma non quello che volevo. Nel mio percorso ho continuato a perdermi tra continue distrazioni.
Ma oggi sono fiero di me. Sono Marco Maddaloni, il padre di famiglia, il personaggio televisivo, l’imprenditore, e poi c’è il Marco Maddaloni campione di judo. Per questo posso dire di essermi perso e di essere rinato tante volte. Forse mi perderò ancora, ma i miei genitori mi hanno dato la forza di rinascere ogni volta più forte di prima».
“posso dire di essermi perso e di essere rinato tante volte. Forse mi perderò ancora, ma i miei genitori mi hanno dato la forza di rinascere ogni volta più forte di prima”
Marco Maddaloni
Per ogni ragazzo che rinasce, rinasce una famiglia. E così, famiglia dopo famiglia, anche un quartiere può rinascere. Che Scampia è oggi, rispetto a quella di vent’anni fa?
«Sì, Scampia è cambiata e sta cambiando tanto. La riqualifica del quartiere, l’abbattimento di certe Vele sono segni di rinascita, ma soprattutto l’apertura di una nuova università ha portato una ventata di profondo cambiamento.
Oggi Scampia non è più la piazza di droga a cielo aperto più grande d’Europa e credo questo sia motivo di vanto e di rinascita di un quartiere. Secondo me siamo solo all’inizio, perché dentro la rinascita di ogni atleta, di ogni campione, di ogni Miss Italia, c’è la rinascita di una famiglia e di un quartiere».
Quali sono state le difficoltà più grandi? C’è stato un momento in cui stavate per mollare?
«Parlo a nome dei miei genitori, ricordando quell’oasi felice che è la palestra di mio padre.
Posso dire che di momenti difficili ce ne sono stati tanti. Sono arrivati quando le istituzioni ci hanno abbandonato, perché si sono dimenticati che quello è un complesso comunale che cerca di non far pagare nessuno e automaticamente, se non ci sono aiuti delle istituzioni, diventa difficile tenere l’edificio aperto.
Però con l’aiuto di tanti buoni imprenditori e amici locali e non, siamo riusciti a portare avanti questo sogno».
Il ricordo più bello che ha di questi anni?
«Conservo tanti bei ricordi. Per ogni ragazzo che entra nei carabinieri, nella polizia e tu te lo ricordi quando era bambino e per te era solo un ragazzo a cui avevi dato un’alternativa alla strada, ora lo vedi realizzato.
Uno dei ricordi più belli che ho è quando porto i miei figli in palestra. Giovanni da un paio di anni fa judo e vederlo calpestare quel tatami che mi ha reso quello che sono, vedere mio padre che da fuori lo guarda, scambiare due chiacchiere con lui mentre Giovanni si allena, è passato, presente e futuro. È il senso della vita. Ed è la cosa più bella».
Cosa c’è ancora da fare?
«Come in qualsiasi altro luogo, c’è sempre qualcosa da fare. Una semplice goccia nel deserto non fa il cambiamento, nemmeno una pozzanghera. Si devono portare i tubi dell’acqua per vedere un vero cambiamento! E poi non si deve mai mollare. Per quanto uno possa voler guadagnare, possa voler essere ambizioso, ogni tanto deve non solo prendere, ma anche dare. Questo ci rende persone migliori».
“Per quanto uno possa voler guadagnare, possa voler essere ambizioso, ogni tanto deve non solo prendere, ma anche dare. Questo ci rende persone migliori“
Marco Maddaloni
Che cosa vorrebbe suggerire a un ragazzo che pensa di non avere possibilità o via d’uscita?
«Dico: Non mollare! Non metterlo nell’opzione! Non esiste mollare! Individua il tuo obiettivo, guarda avanti e non voltarti indietro. Arriva dove vuoi arrivare e, se devi “fare una cazzata, falla grande, falla con chi è meglio di te, facci le spese”.
Tante sarebbero le cose da dire. Ma più che dire, bisogna fare, affinché il ragazzo possa guardarti e prendere esempio da te».