Storie di rinascita, un’insegnante milanese alla scoperta di un nuovo paese asiatico

Storie di rinascita. Francesca (nome di fantasia), insegnante di inglese, una vita con tanti hobby, ambizioni, una bella famiglia sempre presente. Un giorno un incontro, «l'inizio di un cambiamento». Scoprire lentamente un nuovo Paese con altre tradizioni e costumi.

di Cinzia Farina, B.Liver

Ognuno di noi rinasce più volte… si trasforma. Insegnante di inglese, una vita con tanti hobby, ambizioni, una bella famiglia sempre presente. Un giorno un incontro, «l’inizio di un cambiamento». Scoprire lentamente un nuovo Paese con altre tradizioni e costumi.

Francesca (nome di fantasia), mi racconti la prima volta che hai iniziato ad assaporare dalle storie di altre persone i profumi magici dell’India e quando ci sei andata realmente?

«Il mio primo incontro con l’India risale a molto tempo fa, ero in quarta elementare, quando è arrivato un nuovo compagno indiano. È nata subito una bella amicizia con lui e sua sorella e, anche se eravamo piccoli, dai loro racconti ha cominciato a maturare in me una certa curiosità. Gli animali, la frutta, i colori: è stato il mio primo incontro molto lontano con quel Paese. Da allora ho sempre avvertito il desiderio di visitarlo.

Quando sono andata all’università in Inghilterra, a Glasgow, ho conosciuto due gemelle indiane che erano mie compagne di classe, e con loro ho cominciato a fantasticare di un mio futuro viaggio in India. Una delle due sorelle in seguito, si è sposata e mi ha invitata al matrimonio. Così nell’autunno del 2016 sono partita per l’India da sola. Ero un po’ impaurita e agitata, ma nello stesso tempo emozionata di conoscere finalmente quel Paese.

La prima tappa, Mumbai, è stata un po’ traumatica, perché la città è molto grande e il divario tra ricchezza e povertà, che si vede un po’ in tutta l’Asia, è davvero impressionante. Successivamente sono arrivata a Goa sul mare, luogo bellissimo nel quale è avvenuto il matrimonio e dove ho conosciuto un ragazzo indiano che poi è diventato mio marito».

Lo scoppio della pandemia, due anni di «adattamento» per tutti, un nuovo modo di vivere, come hai gestito il rapporto con quel Paese che avevi appena incontrato?

«Non l’ho gestito, c’è stato un totale blocco dei viaggi, tra India e Italia non è stato proprio possibile viaggiare. È stata molto dura, ma visto che il tema è la rinascita, quando si è in situazioni inaspettate e insolite, se cerchi si scoprono sempre nuovi mondi.

Quindi, mi sono “casualmente” imbattuta su Facebook in un gruppo di persone che stavano vivendo la mia stessa situazione, non potevano vedere i compagni/e sparsi in giro per il mondo a causa di questi viaggi congelati. Ho conosciuto nuovi amici e amiche fantastiche, ci siamo dati consigli, informazioni utili e soprattutto ci siamo sostenuti a vicenda».

Cartoline dall’India / 1

Culture diverse, integrazione, far conoscere e aiutare la tua famiglia italiana a capire qualcosa di diverso, ma uguale nell’essenza. Com’è avvenuto il viaggio prima interiore e poi materiale?

«Questa è una domanda difficile a cui dare una risposta concisa. È stato un processo un po’ lungo. Psicologicamente ho cercato di prepararli; ho fatto conoscere loro quello che poi sarebbe diventato mio marito e, ovviamente, quando incontri una persona capisci che ci sono più differenze esteriori che altro, magari nei modi di fare le cose, ma non tanto nell’essenza. Se si è abituati a un certo tipo di interazione, che va sul piano più profondo, queste differenze di facciata non si percepiscono nemmeno.

“quando incontri una persona capisci che ci sono più differenze esteriori che altro, magari nei modi di fare le cose, ma non tanto nell’essenza”

Francesca (nome di fantasia)

Arrivato il giorno in cui la mia famiglia è atterrata realmente in India, certo è rimasta un po’ scossa, ma secondo me questo Paese scuote tutti i viaggiatori occidentali la prima volta. Anche New York tanto tempo fa mi aveva impressionata, mi sentivo piccolissima, intorno era tutto così grande…

Qui in India la confusione è d’impatto per chiunque, non si percepisce lo spazio fra sé stessi e la folla, i colori inizialmente sono accecanti, i rumori assordanti. Superato l’incontro in cui si è fagocitati da questa confusione, in un secondo tempo se c’è la curiosità di capire, scoprire, tutto diventa estremamente interessante. Entrano in gioco dinamiche, culture, sapori nuovi che regalano un valore aggiunto alla nostra vita. Una trasformazione».

Sei diventata una scrittrice con il nome d’arte Caterina O. Leone. Ti sei sposata e sei andata a vivere in India. Qual è stata, dal punto di vista culturale, la maggiore difficoltà di adattamento?

«L’India che sto vivendo qui a Bangalore con i parenti di mio marito e le sue conoscenze, è un po’ diversa. Le persone, gli amici che conoscono la mia nuova famiglia sono gentili, e mi ricoprono di attenzioni, in più sanno che i miei genitori sono lontani, quindi mi accolgono con calore. So però, per esempio, che il sistema delle caste culturalmente ancora esiste, la società è tendenzialmente un po’ classista.

Nella vita quotidiana per me la cosa più complicata da gestire è il tempo. Da “milanese” le giornate hanno una scansione molto precisa, le cose succedono in tempi prestabiliti. Qui il tempo ha un valore completamente diverso, questo mi risulta difficile, anche se per una minima parte, perché per il resto delle ore lavoro con l’Italia. È molto frustrante per noi che siamo abituati a scandire il tempo, non sai mai se riuscirai a terminare le cose che hai in programma.

L’altro lato, invece bello, della medaglia, riguarda il tempo passato con le persone care, con gli amici, questo non si cronometra, non è scandito dall’orologio, si sta insieme fino a quando se ne ha voglia».

Che opinione ti sei fatta rispetto alla condizione della donna lì?

«La prima volta che sono venuta qui a Bangalore ho lavorato per diversi mesi in un asilo fondato da due donne indiane, che avevano lavorato all’estero, erano ritornate in India e avuto dei bambini. Si erano rese conto che non c’erano strutture per aiutare le mamme che lavoravano, quindi hanno deciso di aprire un asilo. Qui è frequente che giovani mamme lascino il lavoro.

È stato il posto migliore in cui abbia mai lavorato; le fondatrici erano orgogliose di essere donne e mamme lavoratrici in carriera. In altri posti di lavoro invece, se sei una donna in età fertile sei vista sfavorevolmente. Questa è una città internazionale molto grande, in continua crescita, quindi esistono tutte e due le situazioni».

Cartoline dall’India / 2

Vista dall’Italia, l’India spesso appare una nazione divisa tra sviluppo inarrestabile e miseria profonda. Come si convive con una contraddizione della società così marcata?

«A Bangalore non si respira così tanto questa contraddizione. Ho visitato solo per pochi giorni Mumbai e New Delhi, lì invece quella situazione si vede purtroppo ancora tantissimo».

Dicono che casa è in ogni luogo dove siamo veramente noi stessi. Dove ci ritroviamo e rinasciamo in una nuova vita. Francesca, ora sei a casa?

«Sì, sono a casa! Per me casa è dove ritrovi te stesso con gli affetti più cari, dove percepisci che sei nel posto giusto. Sono a casa qui, ma sono a casa anche a Milano, perché la mia famiglia e gli amici sono là e non solo. In realtà ho metaforicamente una casa “con le ruote” che sposto un po’ qui è un po’ là».

“Per me casa è dove ritrovi te stesso con gli affetti più cari, dove percepisci che sei nel posto giusto.”

Francesca (nome di fantasia)

Cosa consiglieresti alle persone che vorrebbero tanto partire, per conoscersi meglio, magari per rinascere, ma hanno paura del nuovo?

«Il mio consiglio è sempre lo stesso, a prescindere dalla mia esperienza. Che sia una partenza geograficamente impegnativa, o una partenza metaforica della serie “sono a Milano nella mia comfort zone e invece vorrei altro”, il mio consiglio è di partire sempre.

Non c’è modo migliore per conoscersi, e questo succede solo se ci mettiamo in condizioni diverse, se superiamo dei lati del nostro carattere, di come reagiamo a certe situazioni. Per capire chi siamo, chi vogliamo essere, come vogliamo rinascere. Non è facile partire, certo, ci sono paure, un sacco di motivazioni per non iniziare il viaggio, ma alla fine le fatiche mentali sono ripagate da quello che una persona scopre, conosce.

Per me partire da soli, ogni tanto, non è male, è uno di quei tasselli che ti fanno crescere. La chiamata all’avventura, che sia un viaggio reale in senso metaforico, dovrebbe essere intrapresa da soli. Ogni volta ci aiuta ad allargare il nostro orizzonte e ci trasforma un po’».

Per me partire da soli, ogni tanto, non è male, è uno di quei tasselli che ti fanno crescere.

Francesca (nome di fantasia)