Tutti abbiamo più identità, tutte autentiche

Intervista a Paolo Melegari, psicologo e psicoterapeuta, in azienda da 22 anni

di Claudia Conti

Che cosa significa in generale identità?
«Partiamo da un documento che abbiamo tutti: la carta di identità. Si chiama così perché in quel documento troviamo il nostro nome, che appunto ci identifica, e troviamo il cognome, o tra breve anche due. Sono le nostre radici, le nostre storie familiari. Poi ci sono il luogo geografico e l’anno, cioè il periodo storico da cui proveniamo: tutti questi aspetti che ci caratterizzano costituiscono la nostra identità di base».

Come si costruisce una brand identity?
«L’identità di una marca si costruisce attraverso due cose: il mondo valoriale a cui fa riferimento e le sue diverse manifestazioni: i prodotti e il piacere e la gioia che si provano nel gustarli concorrono in primis a costruirne l’identità. Questi prodotti sono ovviamente vestiti da una confezione, ossia il packaging, che è costituito da un determinato materiale e da specifici colori e loghi: anche questi aspetti concorrono a costruirne l’identità. Poi ci sono le collocazioni negli scaffali dei punti vendita e c’è la comunicazione, la pubblicità, che da televisiva oggi attraversa i canali digitali e i social network. Ecco, tutto questo mondo organolettico, estetico e valoriale concorre a costruire l’identità di una marca».

L’identità si trasforma con la crescita e i cambiamenti sociali. In che modo è possibile tenere insieme un’identità che si evolve nel tempo?
«Come le persone anche una marca evolve nel tempo; noi cresciamo, studiamo, lavoriamo, ci sposiamo e facciamo figli, cambiamo continuamente e rimaniamo sempre gli stessi. Cambiano le situazioni e cambiano i contesti e ci evolviamo sempre. Come le persone, le marche devono saper rimanere fedeli a sé stesse, sapendo evolvere con il contesto, adattando il gusto, il linguaggio e l’estetica in coerenza alle sfide sempre nuove e diverse del cambiare dei tempi».

Quali sono gli ingredienti identificativi in una comunità come Barilla, composta oggi più che mai da una notevole multiculturalità?
«Barilla è un’azienda, una comunità e una famiglia, che da sempre ha nella sua identità dei valori universali, come il rispetto, l’orgoglio e il senso di appartenenza, la passione per ciò che si fa: tutti valori che non hanno confini, e questo è meraviglioso, perché significa che una comunità che diventa sempre più multiculturale si ritrova e si unisce in quei valori universali nei quali una Company, come Barilla, si riconosce».

Partendo dal riconoscimento delle diversità di ciascuno, come riesce Barilla a mantenere una sua coerenza visiva e comunicativa?
«Questo è un aspetto fondamentale. Noi siamo e saremo sempre di più una società multiculturale, multigenerazionale, ecc., ma, riflettiamo un attimo, quand’è che noi stimiamo una persona? Quando la consideriamo attendibile, autorevole e credibile? Quando riesce a rimanere fedele a sé stessa e ai suoi valori, pur sapendo cambiare, adattarsi ai tempi e alla società, perché è la coerenza, in ogni aspetto estetico e comunicazionale, a rendere la marca degna di essere riconosciuta come credibile e degna di meritare la fiducia delle persone».

Oggi una persona ha più di un’identità: umana, religiosa, digitale, di genere, etc. Ma quando vogliamo interagire con qualcuno, a quale di queste ci rivolgiamo?
«Chiariamo un aspetto. Cioè l’identità con la I maiuscola, della quale abbiamo parlato, e ci sono le identità appena citate, che hanno a che fare anche con i diversi ruoli che rivestiamo durante la nostra vita e l’arco della stessa giornata. Noi siamo sempre noi, ma siamo anche lavoratori, genitori, ecc. Ancora una volta: fondamentale è l’assunzione con responsabilità del ruolo che si deve di volta in volta rivestire con l’autenticità di rimanere sempre fedeli a sé stessi».

La marca come le persone: ognuna ha una sua personalità e carattere. Ci racconta qual è il rapporto tra il consumatore e i brand Barilla?
«Verso Barilla c’è un sentiment, come si dice oggi, di grande fiducia, autorevolezza e di grande aspettativa, detto in una parola sola, di trust. La società di oggi non fa sconti, soprattutto alle marche, per cui quell’autorevolezza e quella fiducia, faticosamente guadagnate nel tempo, devono essere continuamente alimentate, riaffermate e confermate. Una marca ha quindi bisogno di continua manutenzione se vuole essere contemporanea e non può mai rimanere ferma e statica».

Nella «gente Barilla» è molto forte e sentito il senso di appartenenza all’azienda. Da osservatore della società, come vede questo legame proiettato nei prossimi 10/20 anni?
«Il senso di appartenenza che viene così fortemente riconosciuto a Barilla si è costruito nel tempo grazie a delle relazioni dirette, alla compresenza fisica quotidiana di collaboratori, manager e proprietà. Questo non è e non sarà più possibile nel futuro prossimo. L’orgoglio dell’appartenenza alla Company verrà costruito sulle risposte che l’azienda saprà dare ai continui cambiamenti sociali, sempre più fluidi e delocalizzati. Quanto più Barilla saprà rispondere con efficacia a queste e altre nuove esigenze, tanto più crescerà l’orgoglio di appartenere all’azienda».