Come controlliamo la nostra identità digitale? Cosa sono i data doubles, i nostri “gemelli virtuali” e cosa comporta l’esistenza di questa seconda identità.
Impazzito dopo aver scoperto che il suo naso pendeva a destra, nelle pagine di Uno, Nessuno e Centomila, Vitangelo Moscarda decide di distruggere tutte le «maschere» e tutte le identità che gli erano state affibbiate nel corso degli anni, così diverse l’una dall’altra, ma soprattutto così diverse da Vitangelo stesso.
A quasi cento anni dalla prima pubblicazione, questo capolavoro di Pirandello è una perfetta metafora di quella che è ormai un’esperienza condivisa da molte persone: siamo diventati capaci di maneggiare mille identità diverse, abili giocolieri che con destrezza passano da una maschera all’altra con facilità. Dopotutto, spesso e volentieri basta un clic per diventare una persona diversa e nascondersi dietro a un’identità virtuale, dietro a un nickname e a una foto profilo.
Tutti i social media ci danno la possibilità di creare la nostra identità digitale: ad esempio, ci viene data la possibilità di curare il nostro profilo, scegliendo un nome e una foto che ci descrivono e pubblicando contenuti a nostro piacimento. Questa personalizzazione ci aiuta ad esprimere noi stessi e a presentarci online, ma può anche permetterci di mostrarci per ciò che non siamo davvero.
Creare una maschera che non ci rappresenta è sorprendentemente facile, e a volte è anche meglio che farci vedere per quello che siamo realmente. Basti pensare a influencer e blogger, che grazie ai social media hanno trasformato le loro vite apparentemente perfette, in una fonte di guadagno. Dietro ai loro feed di vacanze al mare e feste, però, si nasconde un meticoloso lavoro di selezione dei contenuti e uno studio preciso dell’identità che si vuole creare, un processo così serio e laborioso che alcune università già hanno creato corsi ad hoc per diventare esperti del settore.

Identità digitale e data doubles
Il problema, però, è che questa è solo la punta dell’iceberg: proprio come Vitangelo, non siamo noi a creare la nostra identità digitale, ma questa ci viene «cucita addosso» da complessi algoritmi e meccanismi presenti online. Infatti, negli ambienti accademici a preoccupare sono i cosiddetti data doubles, dei veri e propri «gemelli» digitali composti da tutti i dati che i social media raccolgono su di noi. Come dei novelli Pollicino, ogni volta che usiamo internet ci lasciamo dietro delle tracce, che vengono poi raccolte e analizzate. Queste tracce sono uno strumento preziosissimo, con un valore monetario potenzialmente inestimabile per i colossi del web, che le usano per capire chi siamo e agire di conseguenza. Ogni nostra azione diventa un pezzo da aggiungere al puzzle della nostra identità virtuale, un’identità su cui noi non abbiamo alcun controllo.
Per le varie piattaforme online l’importante non è avere un «gemello» che imiti e si avvicini il più possibile alla realtà, ma che questo gemello riesca a predire il nostro comportamento per poi trarne profitto.
Per capire questo concetto basta aprire le impostazioni di Facebook e andare nella sezione «Accedi alle tue informazioni»: tra le informazioni registrate potrete vedere tutte le info che la piattaforma ha raccolto su di voi e come queste impattano con la vostra esperienza su Facebook, ad esempio mostrandovi alcuni post piuttosto che altri, o proponendovi pubblicità mirate. Spesso e volentieri alcuni dei dati presenti non sono precisi o non ci rappresentano affatto, ma quando siamo su internet sono proprio questi a parlare per noi e, in un futuro non molto lontano, saranno loro a decidere per noi.
Le conseguenze di questa evoluzione sono in parte già visibili: per esempio, un recente studio ha dimostrato che il prezzo per lo stesso biglietto del treno può variare in base alla posizione di chi lo sta acquistando, al tipo di dispositivo che sta usando (gli utenti Apple hanno i prezzi più alti) e ai loro dati demografici. In un mondo che procede sempre più spedito verso la digitalizzazione, questi data doubles potrebbero determinare le opportunità e le possibilità a cui possiamo accedere, o addirittura potrebbero sfociare in discriminazione e bias del tutto incontrollabili, in balia di server e algoritmi.