Unknown Unknowns, il Mistero, la mostra e Stefano Boeri

Logo della mostra Unknown Unknowns in Triennale Milano
Logo della mostra Unknown Unknowns in Triennale Milano

Unknown Unknowns, la mostra di Stefano Boeri sul mistero e quello che circonda il mistero, l’ignoto e il senso

di Edoardo Hensemberger

Unknown Unknowns, un titolo che sembra nascondere tutto e che allo stesso tempo sembra sapere qualcosa in più, senza non volerlo svelare.
Una mostra che porta l’attenzione su ciò che non si conosce, e su ciò che forse non conosceremo mai.
Aspettando Stefano Boeri, ho avuto il privilegio di fare due passi fra i quadri, le installazioni e le esperienze sensoriali protagoniste della ventitreesima esposizione internazionale, ospitata dalla Triennale di Milano, e mi sono perso in ciò che vedevo, fino a quando uno specchio firmato Cartier ha riportato la mia attenzione al qui e ora, facendomi effettivamente realizzare quanto il periodo trascorso ci abbia dimostrato che non sappiamo quasi niente, ma che questo quasi niente può essere la chiave per imparare quasi tutto.
Insomma, ventiquattr’ore prima mi spostavo in una mostra che ci pone nella condizione di farci delle domande e ventiquattr’ore dopo, dai confini dell’universo, arrivavano le prime immagini del telescopio di James Webb… un nuovo ammasso di galassie a ricordarci puntualmente la nostra piccolezza, e forse anche a darci il permesso di essere leggeri.

Quello che non sappiamo di non sapere, non si trasforma in quello che sappiamo di non sapere nel momento in cui accettiamo il mistero come costante nella nostra vita?
«Nel momento in cui classifichiamo come mistero quello che non sappiamo di non sapere, diamo a questa sfera di fenomeni una caratterizzazione molto chiara che porta più verso l’ambito dell’ignoto che verso quello della conoscenza, della trasmissione del sapere e delle strutture informative delle diverse discipline, quindi direi di no. Il mistero è una categoria che allude più al non sapere che al sapere; è un modo per gestire i vuoti di conoscenza che la specie umana ha».

Conosciamo il 5%… e quando pensiamo di sapere qualcosa?
«Sappiamo poco, e forse dovremmo smettere di misurare, rispetto a un 100% che non abbiamo idea di dove si trovi. Continuiamo a scoprire nuove galassie (ventiquattr’ore dopo è successo davvero ndr), continuiamo a scoprire nuovi batteri, la biodiversità è un concetto che continua a cambiare; il tema è che forse dobbiamo accettare i limiti, e constatare che l’orizzonte ultimo della conoscenza non è più neanche ipotizzabile. Tutto sommato quest’ossessione della misurazione, che nasce sempre dal rapporto di oggettivazione del reale che abbiamo, non ha più molto senso. Questa mostra non è una mostra di soluzioni, è una mostra di domande».

Unknown Unknowns in Triennale Milano
Unknown Unknowns in Triennale Milano

Il Mistero per Stefano Boeri

Il mistero per lei?
«Il mistero non è un’ombra, forse è un suono che arriva e cambia le ragioni e gli spazi. Zone della vita familiare che diventano misteriose, zone del proprio corpo che diventano misteriose. È un diventare il mistero, non si distingue solo con luce e ombra noto e ignoto; sono dei movimenti dinamici che si intersecano, passando dall’essere misteriosi all’essere improvvisamente limpidi, per poi tornare ad essere ignoti. C’è un continuo movimento, e questo movimento altro non è che la nostra vita!».

Cosa deve trovare uno spettatore in questa mostra?
«Credo che questa mostra possa, come dicevo, non offrire soluzioni, ma stimolare domande e soprattutto forse stimolare un modo diverso di porsi. Non sono domande che richiedono una risposta, ma domande che ti aiutano a vivere meglio accettando le aree di ignoto e di mistero, o se vogliamo vederla da un altro punto di vista, anche le aree del sacro. Non c’è nulla di non misterioso nella sacralità, è un tema che nessuno ha toccato in modo diretto ed è sicuramente un altro campo importante. Questa non è una mostra da cui uscendo si può pensare di aver imparato a risolvere dei problemi, forse è una mostra che ti fa capire che oggi c’è una grande domanda di senso sulla vita stessa, della nostra specie su questo pianeta. Per metterla insieme sono partito dalle quattro grandi crisi degli ultimi dodici anni, che se unite al cambiamento climatico, hanno messo in discussione il senso della vita. È una questione di specie, è la prima volta che c’è un periodo così compatto globale e denso. Penso che questa mostra voglia trasmettere questo mood, questa sensazione; cercare di porsi le domande giuste, niente di più».

Lei crede in Dio?
«Sono molto appassionato al tema del sacro, ma non sono credente. Non ho una risposta, ma un’interrogazione continua e mi interessa che ci si interroghi continuamente. Nutro un grande rispetto delle religioni e della sacralità, però non riesco a fidarmi di nessuna risposta che viene fornita».

Unknown Unknowns in Triennale Milano
Unknown Unknowns in Triennale Milano

Semplicità e Bellezza

Come si fa ad evolvere?
«Non c’è mai una legge unica, a volte si evolve per strappi, a volte per piccoli passi impercettibili, a volte si torna indietro e si evolve in modi ancora diversi. La mostra sul design è interessante perché è storica, presenta pezzi e momenti della storia del design recente, dimenticati. Dimenticati perché non sono stati capiti al loro tempo, oppure perché sono stati collocati ai margini della tradizione; però molte di queste opere sono state capaci di avere prospettive nuove, e oggi riusciamo a capirne l’importanza. Penso che si possa dire, per esempio nella storia del design, che c’è una storia tradizionale di passaggi di personaggi e di protagonisti e poi c’è una storia meno nota, parallela, dove invece sono avvenute cose magari più interessanti ma che non abbiamo visto. È difficile stabilire una regola di evoluzione, perché è legata alla vita».

L’architettura è un’arte o forse una scienza complessa, c’è spazio per la semplicità nella sua vita?
«È un grande obiettivo, una delle grandi speranze, uno dei grandi progetti. La semplicità la si insegue come la bellezza, la semplicità ricca è una cosa stupenda e allo stesso tempo difficile. A me piace tantissimo, cerco di essere sempre orientato alla semplicità. Se pensiamo al concetto del bosco verticale, è semplicissimo, un’idea che si spiega in due minuti, e molti dei progetti che faccio cercano quello. Poi a volte, riescono e a volte no, il rischio è di cadere nel banale o nella semplificazione. È una linea sottile, ma è anche il bello dell’architettura».

Stefano Boeri (foto Gianpaolo Finizio)
Stefano Boeri (foto Gianpaolo Finizio)

Mistero a Milano e nel mondo

Cosa manca a Milano?
«Mancano spazi per i giovani, nel senso di soluzioni abitative, per chi ha voglia di investire in un futuro qua; mancano case in affitto a prezzi ragionevoli e case da acquistare a prezzi ragionevoli. Non è una città per giovani e questo è un peccato».

E al mondo?
«Al mondo manca forse questa domanda sull’ignoto. La cosa che diventa anacronistica vedendo queste mostre, vedendo il lavoro che ha fatto Ersilia Vaudo, è proprio che oggi ci sia una guerra, che ci sia chi non capisce che c’è un tema generale che riguarda la specie; ecco, c’è un problema di specie e di interrogarsi sul senso della vita, che in questo momento è fondamentale».

Tre opere architettoniche a Milano. Una che cancellerebbe, una che vorrebbe aver fatto lei e una che sogna di fare.
(Ride ndr)
«Cosa butterei giù non lo posso dire, c’è ma non si può dire, è l’opera di un architetto molto noto, a cui ho voluto molto bene, che ha fatto un’opera sbagliata; succede, è capitato anche a me. Mi piacerebbe aver fatto la Fondazione Prada di Rem Koolhas, è un opera nel suo insieme bellissima, credo che sia un capolavoro.
Per finire invece, mi piacerebbe molto fare una scuola, un asilo per essere precisi, è un progetto che aveva anche mia mamma».

E come lo vedrebbe?
«Lo vedrei come uno spazio dove si lascia grandissima libertà di inventiva ai bambini, perché sono dei veri geni. Anche nella definizione degli spazi, molto dovrebbe essere lasciato all’inventiva dei bambini, gli spazi, le sedie, gli arredi; sarebbe bellissimo costruirlo a Milano».