Francesca Fumero, Docente del Politecnico di Milano, ci rassicura sull’utilità delle esperienze post laurea che arricchiscono umanamente i ragazzi «sono sempre un valore aggiunto».
Incontro la professoressa Francesca Fumero, Docente e Ricercatrice universitaria del Dipartimento di Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano.
Nella nostra ultima riunione di redazione, tra i vari temi trattati, abbiamo parlato di come 20/30 anni fa, terminata l’Università ci si potesse concedere un periodo sabbatico… magari solo per fare una sosta. Ad esempio: «Tre mesi a surfare in California o con il pick-up verso luoghi solitari».
La richiesta di lavoro era tanta e quel periodo di sospensione non pregiudicava il seguito. Chiedo alla professoressa Fumero se le risulta che anche oggi i ragazzi laureati possano permettersi un periodo simile, con questo certo non intendo un master o l’apprendimento di una lingua.
Inizia dicendomi che non si può fare un discorso generale, il primo è di natura geografica e il secondo è riferito al tipo di laurea. La situazione per i ragazzi laureati in Italia è diversa certamente da quella all’estero. «I tre mesi a surfare in California, o a scoprire la cultura cinese, non è sicuramente una tradizione italiana».
Importanza della crescita personale
Mi spiega che però oggi la crisi sul mercato del lavoro è in discesa, rispetto a 10/12 anni fa e intravede nei ragazzi meno pressione nella ricerca post laurea. «Non so se questo sia legato al fatto che dopo trovano lavoro più facilmente, ma iniziano ad apprezzare varie esperienze formative a 360 gradi. In alcuni casi si tratta di master, e in altri di esperienze umane. Mi riferisco al viaggio per conoscere la cultura di un Paese, iniziative pseudo-civiche, impegno sociale o volontariato. Dipende tutto da come hanno investito il tempo finita l’Università: spiaggiati tre mesi ai Caraibi, sembra un puro divertimento, ma un periodo impiegato come ho spiegato prima può rappresentare un valore aggiunto».
Incalza sottolineando che dipende dal «consumatore finale», una grande Multinazionale al colloquio di assunzione non tiene conto solo del curriculum, se il candidato si sia laureato qualche mese dopo, ma di come sia cresciuto a livello personale.
Chiedo alla professoressa se nei suoi 30 anni di insegnamento al Politecnico, di partecipazione e proclamazione alle lauree, abbia notato particolari oscillazioni nel modo in cui i ragazzi affrontano l’iniziazione nel mondo del lavoro. «Cosa succede dopo dipende dal tipo di laurea, il Politecnico è un mondo un po’ particolare. In alcuni ambiti umanistici il discorso cambia radicalmente. Ad esempio, in facoltà come Giurisprudenza o Medicina, non credo siano apprezzate esperienze formative, umane, o di volontariato, ma sia più rilevante il voto di laurea o la velocità nel raggiungerla».

Esperienze dopo la laurea
Mi parla di un’altra attività che per alcuni corsi di laurea viene giudicata positiva dai futuri datori di lavoro: lo sport a livello agonistico. Di come questo insegni al ragazzo a raggiungere gli obiettivi e a «lavorare» in team.
«Sul modo di approcciarsi al lavoro rispetto ai miei tempi, trovo molto di più un dualismo bianco/nero. Ci sono gli studenti che lo esercitano in maniera proattiva. Cercano, sono disposti a fare esperienze, ad aspettare perché vogliono cercare il lavoro interessante, non solo sul piano remunerativo, ma dal punta di vista di soddisfazioni personali. Dall’altra parte invece, ci sono i ragazzi che hanno meno ambizioni e magari si accontentano del posto fisso, di un lavoro più rutinario».
Chiedo cosa ne pensa di quel termine usato e in certi casi proprio inappropriato, di «buchi sul curriculum», e se le imprese che richiedono laureati al Politecnico ne tengono conto. «Le aziende che ci interpellano, vogliono dei nominativi. È il colloquio che decide il più meritevole, chi ha fatto esperienze che hanno arricchito il curriculum, non quello che si è laureato più velocemente o che ha un periodo di “sospensione” per una giusta causa. Adesso le aziende prendono il più meritevole».
Domando alla prof. Fumero come, secondo lei, si evolverà questa «corsa al lavoro» e se all’estero la situazione è diversa. Sottolinea che fortunatamente l’offerta di lavoro è in crescendo rispetto a 10/15 anni fa, a parte il periodo Covid.
E che certe capacità e qualità che derivano da varie esperienze saranno sempre più apprezzate, riferendosi soprattutto al mondo di Ingegneria.
Per quanto riguarda l’estero, parla della parte centro europea, dove c’è una cultura e un apprezzamento del lavoro diversi da quelli che ci sono qui da noi.
«Quando ti fanno un colloquio in Italia, l’approccio è un po’: ti sto facendo un favore, sono io che decido se assumerti o no. All’estero è diverso: noi siamo qui perché tu hai bisogno di trovare un lavoro e noi abbiamo bisogno di te, quindi anche tu sei una risorsa per noi. Tornando al tema principale dell’articolo, sono convinta, per quanto mi riguarda, che certe esperienze costruttive intraprese dopo la laurea, saranno sempre di più un valore aggiunto».
Ringrazio la prof. Fumero per il tempo che mi ha dedicato e per avermi trasmesso quella passione, mentre parla dei suoi studenti, che resiste negli anni.