Intervista a Davide Dattoli, fondatore di Talent Garden, l’innovativa azienda di digitalizzazione e formazione.
I ragazzi del Bullone hanno scelto di intervistare il fondatore di Talent Garden, Davide Dattoli che ha poco più di trent’anni. Dattoli ha avuto l’idea di rivoluzionare i luoghi di lavoro cosatruendo degli affascinanti coworking dove tutti, soprattutto i giovani possono possono lavorare in luoghi decisamente accoglienti. Davide Dattoli è sicuramente per intraprendenza, passione e coraggio un esempio da seguire perché ha dimostrato di avere un progetto, di averlo organizzato e realizzato, di aver capito il momento adatto di un cambiamento radicale del modo di lavorare. Gli abbiamo chiesto di rispondere ad alcune nostre domande.
Davide Dattoli, giovane e di successo, qual è stato il motore di tutto? Quale la scintilla che ha acceso il motore?
«Ero giovane e vivevo a Brescia, lavoravo allo sviluppo dell’innovazione di un grande gruppo editoriale. Mi sono reso conto che da un lato c’erano tante persone con molte competenze digitali, nuove idee e talenti, ma che mancava il giusto ecosistema che le aiutasse a realizzarle. Dall’altro lato invece, le aziende avevano bisogno di persone che le aiutassero a sviluppare nuove idee. È così che è nato Talent Garden. Costruire luoghi fisici e digitali in grado di supportare lo sviluppo dei talenti digitali in Italia e in Europa».
Quanto conta il sapere, la formazione?
«Tanto, oggi è elemento fondamentale delle nostre vite. Non solo negli anni ai quali siamo abituati a pensare, quindi i primi 20/25 anni, ma durante tutta l’arco della vita. Il mondo oggi cambia velocemente, il mercato del lavoro lo stesso. Bisogna essere in grado di adattarsi al cambiamento e di sviluppare continuamente nuove conoscenze, nuove competenze. Sia hard che soft. Io penso che questo sia molto bello. Un tempo i nostri genitori facevano lo stesso lavoro per tutta la vita. Oggi abbiamo la possibilità di ricoprire ruoli diversi durante il corso della nostra vita professionale. Penso che sia molto stimolante e divertente».

E l’esperienza?
«L’esperienza continua a essere centrale. Formarsi non basta. Bisogna poi sperimentare. Agire. Provare, testare. Anche sbagliare. L’importante oggi è farlo velocemente e apprendere dagli errori altrettanto velocemente. Questo permette di evitare di perdere tempo e risorse».
Strada facendo che cosa hai imparato? Che cosa non rifaresti più?
«Innanzitutto a non essere geloso delle mie idee. Penso che la condivisione, il confronto siano delle risorse preziosissime in ogni ambito. Sia personale che professionale. Ho la fortuna di avere ogni giorno la grande opportunità di incontrare e parlare con tante persone diverse provenienti da ambiti, Paesi, culture differenti: questo è un grande dono. Mi tiene la mente aperta e mi aiuta a imparare e a crescere costantemente. Poi a non investire mesi nel costruire progetti nel minimo dettaglio. Sì alla progettazione anche a lungo termine, ma la prova più importante è poi rappresentata dal debutto dell’idea, del progetto sul mercato. Solo il debutto all’esterno ci permette di raddrizzare la rotta, di capire cosa realmente funziona e cosa no. Infine a cercare collaboratori più bravi di me».
Dieci anni dalla nascita di Talent Garden, come è cambiato il vostro lavoro?
«Mah, devo dire che non mi sembra sia cambiato in maniera radicale. Nel senso che in Talent Garden siamo risuciti a mantenere il clima di piccola strat up dell’inzio, quando eravamo in 10 anche ora che siamo 270 sparsi in 12 Paesi. Un ambiente di lavoro nel quale non esistono sgambetti, nel quale le persone non vogliono prevalere su altre. Ma un ambiente di lavoro in cui ognuno contribuisce per quel che gli compete e anche per quello che non competerebbe con il proprio ruolo. Con sempre quel pizzico di ironia che non è superficialità ma è dare il giusto valore alle cose».

Transizione digitale e transizione generazionale. La soluzione è in questi due processi? Quali sono gli step fondamentali per compierli? Come si comportano le aziende rispetto a questo tema?
«Entrambi i processi hanno in comune un asset: le persone. Solo partendo dalle persone è possibile compiere entrambi i processi e, se nel caso della transizione generazionale può apparire abbastanza scontato, in realtà nel caso della transizione digitale lo è ancora di più. Trasformazione digitale non significa adottare nuovi strumenti tecnologici ma significa soprattutto un cambiamento del mindset delle persone. Solo attraverso questo prenderà atto la vera transizione digitale».
Cosa fate voi con la vostra Hyper Island, la business school digitale ?
«Sviluppiamo programmi snelli e intensivi, pensati per rispondere alle esigenze del mercato, focalizzandoci su cinque aree chiave: programmazione, dati, marketing, design e business. Abbiamo pensato la Talent Garden Innovation School con la mission di non creare disoccupati. E ci stiamo riuscendo. I ragazzi che studiano da noi al termine del percorso di studi hanno in mano una pofessionalità spendibile dal giorno zero sul mercato del lavoro. Il nostro team modifica continuamente la didattica dei nostri percorsi di studio affinché siano sempre aggiornati al mondo che cambia».
Davide, esperienza, progetti, sogni. Quali sono i tuoi, oggi?
«Mi piacerebbe continuare a fare quello che faccio oggi e che più mi dà soddisfazione: supportare la digitalizzazione dell’Europa, avere l’opportunita di lavorare con e per le persone. Aiutarle a crescere, personalmente e professionalmente. Questo è il mio carburante».