Edmondo Bruti Liberati, magistrato, Procuratore della Repubblica di Milano, con Il Bullone dialoga di rispetto e principi…
Edmondo Bruti Liberati è un magistrato, già Procuratore della Repubblica di Milano e già Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Con Il Bullone dialoga di rispetto e principi.
In questi mesi stiamo avendo prova di quanto sia difficile una convivenza pacifica. Come è possibile educare gli uomini a stare insieme nonostante le differenze? La chiave può essere il rispetto reciproco?
«Il primo passo è prendere atto che in ogni società convivono donne e uomini con culture diverse. La convivenza civile si fonda sull’accettazione di queste diversità».
Posso chiederle cosa significa per lei «rispetto»?
«Il rispetto deve essere qualcosa in più della tolleranza del diverso. Rispetto è introiettare il valore del confronto con chi è diverso da noi, come fattore di arricchimento».
Nella sua carriera professionale, ha contribuito a vigilare sul rispetto della legge. Ha dovuto mai garantire il rispetto di una legge che ha sentito ingiusta?
«Secondo la nostra Costituzione “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. L’avverbio “soltanto” è il fondamento dell’indipendenza della magistratura e di ciascun magistrato. Ma i magistrati sono “soggetti alla legge” emanata dal Parlamento, espressione della sovranità popolare. Viviamo in una democrazia, dunque non dobbiamo confrontarci con leggi manifestamente ingiuste».
Ciò però non accade sempre…
«Qualora una legge non appaia conforme alla Costituzione, il giudice è chiamato a sospendere il giudizio e a rimandare il caso alla Corte Costituzionale. La magistratura e la Corte Costituzionale svolgono un compito essenziale di salvaguardia della Costituzione».

Edmondo Bruti Liberati sulla credibilità della giustizia
Si è parlato di rispetto della legalità, ora vorrei arrivare a parlare di rispetto della giustizia. Quale ruolo gioca la figura del magistrato nella garanzia del rispetto della giustizia?
«La magistratura svolge un ruolo essenziale nella costruzione del sentimento di giustizia. La società chiede ai giudici di decidere sulle controversie civili, accertando le responsabilità per la commissione di reati; anche quando ricostruire i fatti o applicare una norma risulta difficile. Il sistema di giustizia si regge sulla consapevolezza che il giudice può sbagliare; non tutto può essere interpretato in maniera univoca. Non a caso esiste il sistema delle impugnazioni. Ai giudici chiediamo la responsabilità del decidere, ma non possiamo pretendere che non commettano errori».
In un contesto in cui la credibilità nei confronti della magistratura sembra venire meno quanto può rimetterci il rispetto della giustizia?
«La difficoltà del giudicare esige dal giudice spirito di umiltà e dalla società rispetto per il compito difficile che ha affidato ai suoi giudici».
Nel suo recente libro Delitti in prima pagina dedica un capitolo alla dignità umana e al suo rispetto; richiamando il ruolo dei media, dei magistrati e della politica. Il rispetto della dignità umana sappiamo non essere sempre garantito. Che ruolo giocano in questo media, magistrati e politica?
«Il tema dell’informazione sulla giustizia è da sempre aperto e controverso. La magistratura esercita un potere a garanzia dei diritti e delle libertà; si è voluto indipendente quindi non conosce le forme tradizionali di responsabilità. Ma la magistratura è pienamente “responsabile” nel foro della pubblica opinione. La libera ed eventualmente anche aspra critica contribuisce a fondare la fiducia nella giustizia. Non può essere fede cieca, ma rispetto per coloro cui la società ha affidato il compito arduo di decidere. Nella società dell’informazione la giustizia non può sfuggire al dovere di comunicare. I giudici devono confrontarsi con le critiche che vengono mosse alle loro decisioni. “I giudici, che fanno parte della società che servono, non possono rendere giustizia in modo efficace senza godere della fiducia del pubblico”; ci ricorda una Raccomandazione del 2010 del Consiglio d’Europa».

Giudici davanti all’opinione pubblica
I giudici però non devono cercare il consenso…
«Certo. La fiducia nella giustizia è concetto ben diverso dalla ricerca del consenso dell’opinione pubblica su singole decisioni o indagini. Il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli ha scritto “assolvere sulla base degli atti, quando tutti invocano la condanna; di condannare quando tutti reclamano l’assoluzione; preoccupandosi non del consenso della pubblica opinione ma solo della fiducia delle parti nella sua imparzialità e nella sua onestà intellettuale”. Come ci insegna la vicenda Mani Pulite, una cosa è l’apprezzamento dell’opinione pubblica per l’azione dei magistrati e altro è il sostegno acritico. Alla giustizia fa ancora più male degli attacchi denigratori e delegittimanti».
Torniamo alla convivenza. Il rispetto della legalità, della giustizia e, più in generale della dignità umana, sono alla base di una convivenza civile. Quando questi vengono meno a rimetterci è l’intera società?
«Nel 2016 è stata emanata la Direttiva dell’Unione Europea del 2016. “Sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali”. Nelle sue pagine non compare il riferimento al rispetto della “dignità della persona”. Eppure è fondamentale per una persona sotto indagine; anche se definitivamente condannata, quale che sia la colpa. Carlo Maria Martini ritorna più volte sulla dignità della persona: “L’errore e il crimine indeboliscono e deturpano la personalità dell’individuo; ma non la negano. Non la distruggono, non la declassano al regno animale, inferiore all’umano».
In questo panorama in cui il rispetto dell’altro non sembra sempre garantito; si combattono ancora decine di guerre nel mondo, in ultimo l’atroce conflitto fra Russia e Ucraina, lei ha paura del futuro?
«Nonostante tutto occorre avere fiducia che la ragione e il rispetto della vita e della dignità delle persone prevalgano sulla forza».