Umile come orgoglio, imbarazzo o giudizio

Giorgio Maria Romanelli
Giorgio Maria Romanelli

Io sono umile, lui è una persona umile, fermati un momento su queste affermazioni, pronunciale a voce alta. Come ti fanno sentire?

di Sofia Segre Reinach

«Io sono umile». «Lui è una persona umile» Fermati un momento caro lettore su queste affermazioni. Pronunciale a voce alta. Come ti fanno sentire? Orgoglioso? Imbarazzato? Giudicante? L’umiltà è una qualità a doppio taglio, quasi una trappola, oserei dire. Perché nel momento in cui viene affermata sembra che si affermi un giudizio. E l’umiltà di per sé significa non avere giudizi. Ma mettersi tutti sullo stesso piano, nel riconoscere la nostra natura di esseri imperfetti, delicati, incompleti. Per capire meglio ho chiesto a qualche amico di rispondere alla domanda «Cos’è l’umiltà per te?»

Benedetta mi scrive: «È la capacità di comprendere i propri limiti e mettersi in una posizione di ascolto per colmarli»; per Fabio «È la carezza del cuore che dice alla mente di fare spazio». E ancora, sento Edoardo: «È la sicurezza dell’essere»; e per Bill «la possibilità di entrare in empatia con le persone, di avere un’altezza accessibile a tutti». Continua Lara: «È la capacità di uscire dalla propria cornice e vedere il modo in cui guardiamo le cose. Significa scendere dal piedistallo». Francesca che mi parla della capacità di rimanere in silenzio e saper chiedere scusa. 

E Giulia «saper fare qualcosa molto bene mantenendo la consapevolezza che qualcuno potrebbe farla meglio, il che ti porta a non vantarti e metterti comunque in discussione, anche se apparentemente puoi risultare il migliore»; Sara «l’umiltà ti porta a migliorarti costantemente, è un sintomo di intelligenza, l’esatto opposto dell’arroganza che trovo nelle persone che si fanno poche domande». E infine Bianca, che suggerisce che si tratti dell’idea che ognuno ha di sé in rapporto al proprio ruolo nel mondo e dell’affrontare le cose con rispetto.

Ebbene caro lettore, vediamo che siamo davanti a una parola che ha molteplici sfaccettature, che ha una sua storia, che ha a che fare con la sua origine etimologica, che riconduce al latino humus = terra, genitrice e nutrice di chi la abita. E quindi humilis = umile è colui che proviene dalla terra, dal basso. E, ricordiamo che la parola stessa uomo deriva dalla radice sanscrita bhu- che successivamente divenne hu- (da cui anche humus). Uomo significa quindi «creatura generata dalla terra, creatura umile». 

Mosaici della virtù
Mosaici della virtù

Umile nel vocabolario religioso

Inevitabilmente questo termine è entrato nel vocabolario religioso come un sentimento, una virtù di piccolezza nei confronti del divino. E questo sentimento di piccolezza, di dipendenza, di sottomissione alle leggi del mistero, per l’uomo moderno che vuole e deve controllare tutto, deve sopraffare la Terra e l’Altro con il suo progresso, il suo individualismo, il suo senso del potere, ecco che l’essere umili è diventato qualche cosa di svilente, di inaccettabile e vergognoso. 

Ma, cari lettori, non vedete con me la bellezza e la leggerezza che questa qualità genera in noi? L’umiltà crea un respiro collettivo, ci fa sentire meno soli, accettati per quello che siamo. Uomini, umani. Legati uno con l’altro nel nostro essere creature, insieme, in un tempo, in uno spazio, in un cammino. Un legame collettivo che riconduce alla compassione, alla misericordia, al perdono e ci stimola ad essere in contatto attraverso la parte più sottile ma più meravigliosamente autentica della nostra esistenza. La bellezza di essere qui, ora, insieme. Ognuno per sé e per l’altro. 

Come scrive Salvatore Veca nel meraviglioso dialogo avvenuto negli ultimi mesi prima della sua morte con Arnoldo Mosca Mondadori [Pensieri nella penombra, Morcelliana 2022]: «Il termine “umiltà“ ci pone in relazione con un aspetto sacro dell’umano. Sì, l’umiltà ha in sé qualcosa di sacro, perché implica una comunione di creature, una comunità di creature. Ecco perché è necessario trovare una carta per vivere insieme: altrimenti, se non accettiamo la creaturalità, che rende sacra la vita, rischiamo di sbandare. Sì, che la rende sacra. E non so se posso aggiungere che l’umiltà rende la vita “giusta”. Direi: rende la vita un’esperienza che non può giustificarsi da sé. Ecco lo spazio per la Grazia». E, aggiungerei, per la convivenza umana, tanto più necessaria e urgente.