La storia di Edoardo Pini

Edoardo Pini interpretato da Chiara Bosna
Edoardo Pini interpretato da Chiara Bosna

Questo mese, sul Bullone, la storia di Edoardo Pini. Un giramondo che ad un centro punto della sua vita si trova a dover affrontare il mondo della malattia.

di Edoardo Pini

A Skive si cena presto, si va a letto presto, ci si sveglia presto e si finisce di lavorare presto. Credo un po’ come in tutta la Danimarca. Quella sera avevo finito di cenare presto, in linea con le abitudini del luogo e, per occupare il tempo, avevo stilato una lista di cose da fare nella settimana a venire, che avrei trascorso a casa in occasione delle feste pasquali.

La lista oggi, cinque anni dopo, è ancora intonsa e immacolata. Mai avrei immaginato che non avrei potuto più cenare presto, andare a letto presto, svegliarmi presto e finire di lavorare presto in quell’isolato paese danese. Perché la vita a volte ti fa uno sgambetto, ma tu devi imparare a rimanere in piedi. Che poi, in piedi ci sono sempre rimasto bene. Se c’è una cosa che so fare egregiamente è muovermi. Che sia correndo o pedalando, che sia in mezzo all’aria, su una montagna o attraverso l’acqua.

Pratico sport fin da bambino: prima il calcio da perfetto ambidestro e una presenza invidiabile alla soldatino Di Livio sulla fascia destra, poi lo skateboard e il motocross, passando per l’arrampicata e atterrando sulla corsa, la bicicletta e il nuoto. Un curriculum scolastico non invidiabile fino alla Facoltà del Design, dove invece la passione per il mondo del progetto mi ha portato ad apprendere e scoprire la curiosità. Da laureato ho passato i primi anni con la valigia in mano e ho raggiunto il record personale di trentasette voli in un anno. Ne andavo fiero. Mi sentivo molto business man nonostante fossi molto man e poco business. Ho tra l’altro sempre amato gli aeroporti perché in genere ti portano lontano e spesso lontano va a braccetto con diverso. Ho imparato a guardare le persone, i luoghi e le cose con occhi curiosi. Ho imparato ad apprezzare ciò che era differente dal mio vissuto e a fare della curiosità un filtro con cui vedere il mondo.

Edoardo Pini
Edoardo Pini

La diagnosi

Il ritorno da Skive è stato onestamente un po’ brutale, ma in assoluta coerenza con gli anni abbastanza frenetici passati prendendo aerei. Credevo di trascorrere una settimana di festa e invece ho vinto un soggiorno al Valduce di Como, ben quotato su TripAdvisor e con un ristorante degno di un buon «diesci» di Borghese. Mi hanno inizialmente esaminato un po’ per poi capire che nel sangue c’era qualcosa che non andava. Il medico mi ha detto che si trattava di Leucemia. Siccome la Sindrome di Tourette, diagnosticata da bambino, mi sembrava troppo poco invadente, ho creduto fosse corretto arricchire il bagaglio personale di nuove ed emozionanti esperienze.

Ne abbiamo in qualche modo preso atto e, dopo i doverosi ringraziamenti per il buon servizio ricevuto, siamo ritornati a Binago, terra natale. Dopo due settimane, ho ripreso a fare attività sportiva e tutto mi sembrava riacquistare senso. Ho avuto la fortuna di ritrovarmi ammalato senza sintomi, se non la pancia un po’ gonfia e un senso generale di stanchezza. Pochi giorni prima della diagnosi, alle sei del mattino, stavo nuotando nella piscina comunale di Skive per poi concludere l’allenamento con una corsetta sulla pista di atletica, con una temperatura vicina allo zero. Respiravo aria fresca, avevo chilogrammi di endorfine nel corpo e mi sentivo libero. La nuova vita non mi ha distolto dagli alti obiettivi lavorativi che mi sono sempre prefissato, e quindi, dopo poche settimane dal mio rientro in Italia, stavo già lavorando per un’azienda legata al mondo del progetto. La cura prescritta per la mia cara Leucemia Mieloide Cronica, consisteva in una pastiglia al giorno che avrebbe dovuto togliere il medico di torno. A quanto pare però, non solo non ha tolto i medici di torno, ma un anno e mezzo dopo me ne ha fatti incontrare a decine. Abbiamo deciso di affrontare un trapianto di midollo con l’obiettivo di sistemare le cose una volta per tutte. Non sono mai stato per le mezze misure e l’idea di sostituire del tutto la parte malata mi sembrava il giusto modo di affrontare la questione.

Sono passati quattro anni da quel ricovero di due mesi e mezzo. Quattro anni dopo mi ritrovo con un sangue diverso e uno zaino in spalla. Uno zaino che si chiama Menozero, come il mio nuovo gruppo sanguigno. Iniziato a progettare nella camera 202 del reparto di Oncoematologia del San Raffaele di Milano, e arrivato oggi quasi al termine, è un progetto fortemente voluto e che rappresenta una rinascita interiore. Rappresenta un viaggio poco raccomandabile, ma che ormai è inciso dentro me. Un viaggio a cui mia madre, mio padre, mia nonna e la mia compagna hanno preso parte portandomi le valigie più pesanti, aiutandomi ai vari check-in, servendomi nelle varie sale d’attesa, ricordandomi che non sono un apolide e indirizzandomi sulle rotte migliori.

Edoardo Pini interpretato da Chiara Bosna
Edoardo Pini interpretato da Chiara Bosna

Nuove destinazioni

Ho volato verso destinazioni lontane, seppur dietro casa. Destinazioni che appartengono a un mondo parallelo che viaggia a Globuli Bianchi, P210, ECG, TAC e che credi essere distanti da casa tua, quando invece sono vicinissime ma impalpabili, fino a che non ci finisci dentro e scopri che sono sempre state a portata di mano. È sempre solo stata fortuna l’aver preso voli differenti, a cui si accedeva dal Gate a fianco.

Nel 2017, in ritorno dalla Danimarca, ho dovuto prendere un Gate diverso. E allora ho preferito volare cercando di prendere il meglio da quel viaggio mai prenotato, andando a convivere con la mia compagna di sempre, investendo centinaia di ore in studio e lavoro per realizzare Menozero, scoprendo Il Bullone, conoscendo Luca Barilla e Patch Adams e correndo per sette ore attorno al Lago Maggiore, tagliando il traguardo felice come un bambino a Natale. Ho conosciuto Francesco e Daniela seduti nei posti a me limitrofi e con cui abbiamo passato lunghe ore di volo, scambiandoci cocktails di benvenuto e scherzando con le hostess della San Raffaele Airlines. Oggi sto ancora volando in attesa di atterrare all’aeroporto da cui sono partito quattro anni fa. Durante questo viaggio ho conosciuto persone che con ansia non vedevano l’ora di atterrare e svuotare le valigie. A differenza loro, ho deciso di prenderlo come viene, farlo mio e cercare, per quanto possibile, di viverlo al meglio, consapevole del fatto che il Gate a fianco al mio, non è detto sia migliore.

Sono un mediocre scrittore ma un bravo predicatore e uso l’ironia quando le parole corrette potrebbero essere pesanti. Durante questo volo incontro spesso nuvoloni pieni di pioggia, tempeste e vuoti d’aria che ti fanno uscire il cocktail dal bicchiere, ma con i giusti compagni di viaggio seduti al mio fianco e la curiosità di stare incollato al finestrino per vedere cosa c’è attorno, succede spesso che mi dimentichi quando sarà il momento di atterrare. Dopotutto in mezzo al cielo mi sono sempre trovato a mio agio.