Bullone città aperta. Sei anni e sessanta numeri

Illustrazione di Giorgio Maria Romanelli
Illustrazione di Giorgio Maria Romanelli

Il Bullone compie gli anni! Sei anni e sessanta numeri. “Bullone città aperta”, il direttore Giancarlo Perego ci indirizza con le sue parole ad un nuovo anno contro l’indifferenza, con più umanità, più ricerca, più solidarietà e più Noi.

di Giancarlo Perego direttore de Il Bullone

Sei anni, sessanta numeri.
Centinaia di persone incontrate e intervistate, i nostri «testimonial di vita»; decine e decine di temi trattati emersi durante le riunioni di redazione, dai dialoghi, dall’ascolto delle esperienze quotidiane di ciascuno di noi. Una sintesi: i ragazzi del Bullone credono in un mondo dove il bene e le persone perbene hanno successo. E che dicono con decisione: «no disuguaglianza, no razzismo, no sessismo, no abuso di potere, no omofobia, no transfobia».

Bullone città aperta

Più umanità, più ricerca, più solidarietà, più noi. Un Bullone città aperta.Un Bullone chiamato a una nuova sfida, la sfida dell’azione, della costruzione di ponti nelle scuole, negli ospedali, nelle aziende, nelle onlus, nelle istituzioni.
Rifiutare tutto ciò che strumentalmente divide. Cercare i punti in comune, vedere il mondo da nuove angolazioni.
Gridare contro l’indifferenza verso un bimbo che muore nel Mediterraneo, o al confine tra Bielorussia e Polonia, o a Lesbo. Contro l’indifferenza verso chi non arriva a fine mese.

Contro l’indifferenza verso chi combatte malattie devastanti che minano fisico e psiche.
È il tempo di unire. Di unirci.

Nessuno deve essere escluso

Mi viene in mente Abram Lincoln, che concluse un lungo e sobrio discorso con un appello ai «vincoli di affetto» fra tutti ed elevò una preghiera affinché prevalessero «gli angeli migliori della nostra natura». Questa è anche la nostra speranza.
I vincoli d’affetto devono raggiungere soprattutto chi è in difficoltà.

Il Covid ci ha messo con le spalle al muro, i ragazzi del Bullone sono sempre stati con le spalle al muro, nella speranza di una guarigione, di un nuovo vaccino, di una cura adeguata. Nessuno adesso deve essere escluso dal nuovo patto di cittadinanza.

Il Bullone si batterà per ospitare tutte le voci e continuare ad includere. Fortissimamente includere, dentro ogni immaginazione. Anche quei genitori, quei ragazzi che hanno visto andare oltre le nuvole i loro figli, i loro amici. Vorremmo portare quelle mamme e quei papà verso il «laggiù» di David Grossman, l’autore israeliano che ha scritto, fra l’altro, Caduto fuori dal tempo, dedicato al figlio perso in una mini guerra. Grossman raggiunge il «laggiù», il punto più vicino a quel mondo sconosciuto tra dolore e amore dove puoi metterti in contatto con chi è partito prematuramente per un viaggio.

Il futuro è indietro

Noi del Bullone puntiamo sull’immaginazione e la creatività a 360 gradi per raggiungere obiettivi, relazioni, convivenze nuove.
Vogliamo dire a Zuckerberg, che siamo umani, non siamo avatar.
In questo numero puntiamo il dito sull’uso umano della tecnologia. Che serva per mettere insieme le persone, non per allontanarle dall’altro.

Esiste una lingua in cui per indicare il tempo si usano immagini che sono l’opposto delle nostre.
Noi solitamente il futuro lo indichiamo avanti, il passato indietro.
Nella lingua aymara invece, parlata sulle Ande da due milioni di indigeni, tra Bolivia, Perù e Cile, si fa il contrario. Il futuro rimane dietro chi parla e non è visibile, il presente-passato è davanti agli occhi ed è visibile.

La parola che indica il passato è «nayra», che significa «sguardo rivolto in avanti»; mentre per il futuro si usa «quipa», cioè dietro.
Guardare avanti significa guardare ciò che è conosciuto e quindi in senso temporale quello che è già accaduto, al contrario, guardare indietro significa avventurarsi in un territorio poco conosciuto, proprio come il futuro. Un territorio che ogni giorno ti prepari a esplorare, dandogli le spalle.

E oggi che cosa ha preparato per te il tuo futuro? Lo saprai solo se vivi in un mondo aperto agli altri, dove nessuno deve rimanere indietro, nemmeno chi è oltre le nuvole. «Laggiù». Allarghiamo le braccia, possiamo arrivare ovunque.
No alle promesse sul futuro, sì, invece, al presente-passato, al quotidiano, all’ora, ai minuti, ai secondi… vincoli d’affetto che già in molti conoscono, il contagio è già partito.