La storia di Edoardo Vecchioni

Edoardo Vecchioni interpretato da Chiara Bosna
Edoardo Vecchioni interpretato da Chiara Bosna

Edoardo racconta la sua esperienza “da film” con la Sclerosi Multipla. «Quando arrivò la mia malattia capii che era iniziato il mio film. Che era arrivato il mio ostacolo da superare».

di Edoardo Vecchioni

La mia storia può apparire forte. Può sembrare paurosa e ansiogena. Quindi partirò da prima del mio punto di rottura. Partirò da quando ero molto piccolo e amavo una cosa più di ogni altra a questo mondo. Ricordo le prime volte che andavo al cinema. Non andavo a vedere solo i cartoni o i film per famiglie. No. Andavo a vedere qualsivoglia proiezione. Film romantici, drammi familiari, film sperimentali, film in costume, film tratti da storie di vita vissuta realmente. Gli unici film che non riuscivo a vedere da solo erano quelli vietati ai minori di quattordici o diciotto anni. Ma in quei casi convincevo mio padre ad accompagnarmi per poterli vedere.

Amavo perdermi in quelle sale enormi, comprare il cesto di pop-corn e la Coca-Cola più grandi. Anche se ogni volta voleva dire spendere più del biglietto d’ingresso. Poi mi imponevo una regola d’oro: non iniziare a mangiare i pop-corn prima dell’inizio del film. Neanche bere un sorso di Coca dalla cannuccia. Una volta seduto al posto giusto, iniziavano i trailer. A volte ancora più belli dei film che si andavano a vedere. Sì, perché non c’era YouTube, quindi i trailer o li vedevi lì, o ridotti in televisione.

Edoardo Vecchioni

Dopo i trailer i titoli di testo. Quand’ero piccolo non capivo quanto fosse importante citare tutte quelle persone che avevano lavorato, editato e pubblicato il film. La vedevo solo come una lunga perdita di tempo. Un antipasto inutile prima d’arrivare al piatto forte. Ora spero un giorno che ci sia il mio nome fra i titoli di testo di un film. Buffo. Crescendo vedevo così spesso i film che iniziai a trovarci una formula, una struttura narrativa. La studiai ancor prima di andare alla scuola di Cinema e linguaggio multimediale.

Mi accorgevo che ogni pellicola iniziava con la presentazione del personaggio. Continuava con l’arrivo di un temibile ostacolo che il protagonista doveva superare. Finiva con la conclusione di tutti gli eventi narrati. In bene o in male. Quando arrivò la mia malattia capii che era iniziato il mio film. Che era arrivato il mio ostacolo da superare.

La prima fase della mia storia era già avvenuta e non me n’ero nemmeno accorto. Passavo così tanto tempo della mia infanzia a presentarmi a tutti e divertire le persone, che mi sembrava quasi scontato. Ecco perché mi accorsi solo in un secondo momento che stavo vivendo il mio film. La malattia arrivò brusca e spietata, come ogni grande ostacolo. Realizzai la gravità della situazione dopo ricoveri e analisi. Ero al cinema, stavo vedendo la Pantera Rosa con Steve Martin. Un film comico per cercare di allontanarmi dallo stress e della preoccupazione. Ma i pop-corn e la Coca-Cola più grandi che avevo preso quella volta avevano un sapore diverso. D’un tratto feci una cosa che mai avevo fatto prima in vita mia. Mi alzai e uscii dalla sala a metà proiezione. Andai nel bagno del cinema e vomitai.

Edoardo Vecchioni

Da lì la testa iniziò a farmi tanto male da credere che mi stesse per esplodere. Il male mi accompagnò fino a casa, e mi tenne compagnia per qualche giorno. Finito il male capii che la mia vita stava cambiando per sempre. Che dovevo accettare il fatto di avere una situazione clinica di un certo rilievo e di una certa importanza. La sclerosi multipla può essere una patologia molto spaventosa, ma crescendo, come lei conosceva sempre più me, io conoscevo sempre più lei.

Il mio neurologo di fiducia iniziò ad essere uno dei miei migliori amici, una delle persone di cui più mi fidavo (e mi fido ancora) a questo mondo. Mi tranquillizzò facendomi capire che sono molte più di quanto ci si possa immaginare le persone soggette a questa patologia. Che se si va in metropolitana la probabilità che più del quindici per cento di persone presenti ne sia affetta, anche se in minima parte. Silenziosa ma presente.

Provammo insieme diverse terapie. L’inizio fu molto brusco. Capii realmente cosa voleva dire avere la febbre del sabato sera, visto che era proprio questo l’effetto collaterale che mi davano le punture di farmaci che dovevo fare una volta a settimana. Arrivò quindi un periodo di fermo. Un periodo in cui ripudiai qualsiasi tipo di trattamento. Finché la sclerosi non mi ricordò di continuare ad essere presente dentro di me. Non mi si atrofizzò una parte del mio corpo, come successe al nostro primo incontro. No. Questa volta iniziai a vedere doppio, un altro dei suoi sintomi più evidenti. Fortunatamente la ricerca e la sperimentazione medica continuavano ad avanzare, così potei iniziare a prendere un nuovo farmaco.

Sclero – Il gioco degli imperatori . Il libro di Edoardo Vecchioni

Farmaco che spense quel nuovo pauroso sintomo e che, tutt’oggi, continuo ad assumere per tenere questo mio ostacolo sotto controllo. Così arriviamo alla terza e ultima parte della mia storia. Del mio film. La conclusione. Oggi ho scoperto che tutta questa esperienza, questa mia malattia, non è altro che un super-potere. Un potere che ho utilizzato a mio favore per avvicinarmi a quello che voglio fin da quando sono piccolo. Fin da quando non capivo cosa volevano dire tutti quei nomi sul grande schermo proiettati a inizio film. Non sono ancora riuscito a girare e produrre un film a mio nome, ma sono riuscito a scrivere un romanzo pubblicato da una grande casa editrice. Romanzo che sta viaggiando in tutta Italia e che guadagna sempre più l’apprezzamento da parte dei suoi lettori. Sclero – Il gioco degli imperatori. Di cosa tratta? Un ragazzo scopre di avere la sclerosi multipla e decide di affrontarla tramite un gioco. Per non cadere nel pozzo della depressione, un suo amico gli propone una lista di azioni da fare. Sfide e incarichi da portare a termine per digerire meglio la triste notizia appena appresa. Così, il protagonista della storia del mio libro, Cornelio, si troverà davanti a un bivio: allontanarsi dalla sua reale condizione clinica e psicologica divertendosi con un gioco, o affrontare la realtà dei fatti per iniziare a vivere una nuova fase della sua vita?

Ecco qual è stata la mia scelta. Affrontare a pieno petto la mia situazione. Non mi sono limitato ad accettarla, ma sono riuscito ad usarla per i miei vantaggi personali. Forgiare una metaforica arma con la quale poter continuare ad avanzare verso il mio sogno più grande. Verso il mio futuro che, come sempre ne sono stato certo, può essere e sarà solo uno. Non importa il tempo di percorrenza del mio viaggio, né gli ostacoli che troverò camminando. Ora so che qualsiasi cosa mi si presenterà davanti sarà solo un aiuto verso il raggiungimento dei miei obiettivi. Spero vi sia piaciuta la mia storia e che vi abbia dato una piccola scintilla di gioia verso la vita.