I ragazzi del Bullone hanno messo insieme tre grandi temi della nostra società: l’ambiente e il cambiamento climatico, la salute mentale sempre più trascurata e infine la scuola che produce diversità e disuguaglianza.
di Pietro Lenzi
Il global warming è l’aumento della temperatura media globale, è chiamato anche surriscaldamento globale e, dai più ottimisti e rassicuranti, cambiamento climatico.
Il fenomeno in esame, ormai sulla bocca di tutti da più di qualche tempo, è causato dalle emissioni di gas a effetto serra in atmosfera (ad esempio, l’anidride carbonica), prodotte dalle attività antropiche, come sottolineato anche dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).
Non abbiamo più scusanti, siamo colpevoli: la deforestazione, l’utilizzo di combustibili fossili come il petrolio e il carbone, gli allevamenti intensivi, solo per citarne alcuni, stanno contribuendo a riscaldare il pianeta. Nel 2019 si parlava di un incremento di 1,1°C rispetto ai livelli dell’epoca preindustriale. Il riscaldamento globale provocato dalla «scimmia nuda» è attualmente in aumento a un ritmo di 0,2ºC per decennio (dati della Commissione Europea) e, se continuassimo di questo passo, esso arriverebbe a più di 3ºC a fine secolo.

Le conseguenze del cambiamento climatico
Quali le conseguenze di un cambiamento che può sembrare all’apparenza insignificante? Gli effetti più noti sono lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani, la desertificazione, la perdita di biodiversità e l’aumento di fenomeni atmosferici estremi quali incendi, inondazioni, uragani e cicloni.
Andiamo più nel dettaglio: 8 delle 10 più grandi città del mondo verrebbero sommerse con circa 100 milioni di abitanti sfollati; giornate di caldo record come quella di quest’estate a Siracusa (ricordiamo i 48,8 gradi Celsius) diverrebbero sempre più frequenti; perderemmo tutta la barriera corallina australiana o quasi; l’Amazzonia diventerebbe una zona arida e tutto fuorché il polmone verde della Terra; ondate di calore e alluvioni nelle grandi città saranno sempre più frequenti, creando un forte disagio e danni economici ingenti alla popolazione.
Parlando di economia, cerchiamo di analizzare insieme le perdite che causerebbero questi eventi ai governi, o meglio, quello che hanno già provocato…
Secondo l’organizzazione meteorologica mondiale, negli ultimi 50 anni questo numero si aggira attorno ai 3,64 trilioni di dollari, un numero a diciotto zeri per rendere l’idea, oltre che più di 2 milioni di morti.
Preso coscienza di questi dati sbalorditivi, come possiamo uscire da una situazione del genere?

Le politiche sostenibili
Innanzitutto occorre stabilire politiche sostenibili a livello mondiale, privilegiando ad esempio, un’economia circolare basata sul riciclo, un utilizzo sempre crescente di energie rinnovabili con un aumento considerevole della ricerca e dello sviluppo in questo campo, creare incentivi per i processi a basse e zero emissioni e tassare i processi più inquinanti.
Di vitale importanza sarebbe evitare le deforestazioni e le emissioni provocate dalla distruzione delle foreste tropicali: durante lo scorso anno sono state 2,6 miliardi di tonnellate di CO2, l’equivalente di 570 milioni di automobili (Global Forest Watch).
Bisognerebbe aumentare la presenza di foreste e zone verdi sul nostro pianeta, come consigliato da Stefano Mancuso, botanico e scienziato di prestigio mondiale e professore dell’Università di Firenze, questo ci consentirebbe di immagazzinare anidride carbonica con l’unica «macchina» in grado di farlo in modo naturale: gli alberi.

Le soluzioni possibili
Altre soluzioni dovranno essere l’utilizzo di componenti da costruzione a impatto zero (il 31 % delle emissioni vengono da produzione industriale, dati Breakthrough Energy), come cemento e acciaio, e altre attività come la produzione di latticini e carne a base vegetale e da laboratorio, per eliminare gli immorali e inquinanti allevamenti intensive; l’uso di fertilizzanti a impatto zero e la ricerca per un’utilizzo sicuro della fusione nucleare.
La mobilità elettrica può essere una papabile soluzione, anche se deve essere attentamente valutata la sostenibilità effettiva della catena di produzione delle batterie, sia per l’energia utilizzata per costruirle (nella maggior parte dei casi derivante da combustibili fossili), sia per le modalità di estrazione dei metalli.
Perché impegnarci ad arginare l’aumento delle temperature? Un buon motivo può essere per cercare quantomeno di contenere catastrofi come l’alluvione di Catania dello scorso ottobre. Perché gli effetti del cambiamento climatico, se ci riflettiamo un attimo, li stiamo già vivendo ora sulla nostra pelle.