Come nasce la cultura secondo Antonio Troiano

Antonio Troiano interpretato da Chiara Bosna
Antonio Troiano interpretato da Chiara Bosna

Di Edoardo Hensemberger

Intervista Antonio Troiano, caporedattore della Cultura per il Corriere della Sera e fondatore dell’inserto La Lettura.

Come nasce la cultura, quando la si fa e cosa la distingue dall’arte?

«Non c’è un’unica risposta, ma credo che tutto parta da un principio semplice: le idee. Sono quelle che fanno la differenza nel mondo dell’arte e della cultura. Chi è in grado di formulare ed elaborare un’idea che esprima sentimenti, emozioni, intensità e forza, genera quelle che nella cultura occidentale vengono chiamate opere e possono essere letterarie, artistiche o più genericamente, dell’ingegno. La cultura nasce da un bisogno, da una necessità e da un’urgenza di esprimere delle emozioni, ed è difficile da spiegare, perché non tutti abbiamo la stessa percezione e sensibilità. Ricordo che una delle emozioni più forti la provai all’Art Institute of Chicago davanti al Vecchio Chitarrista del periodo blu di Picasso, e sono rimasto sorpreso quando mi sono accorto che altre persone non provavano la stessa ammirazione che provavo io. Davanti a una stessa opera, per quanto rinomata e importante sia, proveremo tutti dei sentimenti discordanti, fino ad arrivare a situazioni in cui consideriamo arte (soprattutto nel mondo dell’arte contemporanea) un’opera che qualcun altro può considerare un’emerita sciocchezza. Prendiamo il caso della banana di Cattelan: credo che chi parla di arte, in questo caso, stia facendo una provocazione, e dubito che tra qualche anno ci sarà qualcuno disposto a pagare milioni di euro per qualcosa di simile».

Diventa molto difficile anche definire quale sia davvero l’arte; lei pensa che arte e cultura siano la stessa cosa?

«Con la parola “cultura” parliamo di qualcosa di molto ampio. Nel corso degli anni abbiamo allargato il nostro concetto di cultura, e adesso giustamente si parla di cultura sportiva, culinaria, artistica fino ad arrivare allo stile di vita e a alla quotidianità che varia a seconda del posto in cui ci si trova. È un termine troppo ampio per essere confinato in un perimetro; ancora una volta penso che le espressioni culturali impongano una riflessione, un pensiero e uno sforzo. Il confronto con culture diverse dalla nostra ci dimostra che le prospettive offrono analisi e riflessioni sempre differenti. La cultura europea è totalmente diversa, per esempio, da quella asiatica o americana».

Quando si pensa alla cultura è facile pensare al passato, ma che differenza c’è tra la cultura di ieri, ampiamente riconosciuta da tutti, e quella di oggi, che, come l’arte contemporanea, è sempre più difficile da distinguere?

«Tutti i periodi hanno sempre avuto bisogno di tempo per capire se un’opera dell’ingegno avesse effettivamente un alto valore culturale; non è sempre immediato, e basta vedere la fortuna o la sfortuna di alcuni autori del passato. Molti grandi artisti hanno visto riconosciuta la loro grandezza dopo la morte, ed è una cosa che è sempre successa, anche nei periodi d’oro della storia dell’arte e della cultura. Pensiamo per esempio, a Baudelaire: I fiori del male è uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale, eppure ha una storia colma di rifiuti, critiche e negazione. Oggi, a duecento anni di distanza, possiamo dire che i contemporanei dell’autore francese non avevano capito niente. Prendiamo un altro esempio, Walt Whitman, un gigante della poesia mondiale che ha dovuto pubblicare l’opera Le foglie d’erba a sue spese, e possiamo certamente dire che è stato il poema fondante della poesia americana. Se oggi nascesse un nuovo Giacomo Leopardi, siamo così convinti che saremmo in grado di riconoscerlo?».

Come possiamo fare per imparare a dare il giusto valore alle giuste opere?

«Ogni momento storico esprime quello che riesce ad esprimere, e questo è un momento in cui la cultura può circolare molto facilmente e molto velocemente. La “lettura” di un’opera però, richiede tempo, contemplazione e disponibilità, e noi ne abbiamo sempre meno. Consumiamo tutto troppo velocemente e non ci rendiamo conto della bellezza di ciò che vediamo. Quando si definisce la cultura, forse si dovrebbe anche dire che richiede pazienza e tempo per essere capita».

Quando sceglie cosa pubblicare che impressioni vorrebbe che ricevesse chi legge?

«In generale provo a mettermi dalla parte del lettore, mi piacerebbe trovare articoli che mi spieghino il mondo in cui viviamo, che mi raccontino quello che succede attorno a me, e lo facciano in una maniera chiara e intelligente, aiutandomi a capire i fenomeni che viviamo. È giusto rivolgere lo sguardo in avanti, ma è anche bello imparare dal passato delle lezioni che davvero ci aiutino a capire il presente, trovare persone in grado di interpretare ciò che è successo, per poi spiegarlo attraverso le conoscenze di oggi. La vera scommessa è capire le cose, cogliere un fenomeno prima che si affermi è una qualità che hanno in pochi.

Credo che i lettori oggi abbiano voglia di intelligenza, di autori che hanno e che trasmettono idee, perché, come diceva Jack Kerouac, «un’idea può cambiare la vita di una persona».