Milano Razionalista: guardare il territorio con occhi nuovi

Di Cristina Sarcina

Nella scorsa camminata abbiamo riscoperto la Milano delle grandi opere, frutto dello stile ‘900 e dell’architettura di Regime: una passeggiata in  quello che possiamo definire il periodo di iniziazione del movimento Razionalista. Ci siamo soffermati a riflettere  proprio sull’inizio di quello che sarà un lungo periodo, intervallato da eventi bellici, evoluzioni economiche, cambiamenti di stile e di valori. L’itinerario di oggi ci porta a leggere il periodo di mezzo, il momento più fiorito dello stile moderno e razionalista a Milano, cammineremo tra rinomate strutture, mostre e installazioni momentanee, il design d’arredo, l’edilizia privata d’alto valore, minimalismo e qualità.

Essenziale, Razionale, cosa significano queste parole? La parola Razionalismo, a cosa ci fa pensare?

Sicuramente a qualcosa che ha a che fare con la ragione, la ragione umana in primis.  A seguire, tutto ciò che è precisione, logica, pensieri e procedimenti matematici, rigore, essenzialità, funzionalità, verità. Il dizionario ci aiuta a capire e a confermare le origini toponomastiche: razionale, dal greco come dal latino, «ratio», è tradotto con il termine «ragione», e nel suo significato più comune veniva usato per parlare di calcolo, rapporti e matematica. Se pensiamo agli ambienti filosofici dell’antica Grecia, furono in molti a studiare e a mettere a capo della propria teoria l’uso della «ratio» umana per spiegare fenomeni e pensieri:  la realtà era vista come governata da una serie di leggi e principi perfettamente comprensibili dalla ragione umana; e pertanto deducibili, modificabili e usabili a proprio interesse, sia per vivere al meglio il presente, sia verso un’evoluzione futura. Nel campo dell’Arte e dell’Architettura ci si è posti più volte attraverso i secoli,  come progettare attraverso la ragione: lo abbiamo visto ai tempi di Roma, durante l’Illuminismo, nel Gotico e nel Romanico, sino ad arrivare al Liberty, al Modernismo e al Razionalismo italiano. L’introduzione delle industrie, la razionalizzazione di un metodo di progetto e produzione che non autorizzasse il dissolversi dei concetti di bellezza e utilità, creando forme determinate da un’attenta analisi delle funzioni alle quali l’organismo architettonico o l’oggetto d’uso era destinato, alla scelta delle più idonee tecniche costruttive o industriali, e attraverso l’eliminazione di ogni componente emotiva ed estetizzante.

Casa Palafitta – Illustrazione di Cristina Sarcina

Come abbiamo visto, una premessa ideale del Razionalismo si trova già nelle istanze teoriche inglesi della fine del 19° secolo (scuola delle Arts and Crafts) in Italia fu il Liberty, nei primi fenomeni di meccanizzazione e industrializzazione. Ulteriori esempi sono gli esperimenti del Deutscher Werkbund (1907) o in atteggiamenti quali quelli dell’architetto viennese A. Loos a Vienna. Esperienze di architettura e urbanistica, queste, che consentirono di sperimentare i principi del «programma razionalista»: funzioni primarie per l’ambiente umano; creazione di tipi standardizzati per ogni bene d’uso, dagli oggetti quotidiani alle tipologie dell’edilizia e dell’urbanistica; figura dell’architetto come tecnico capace di affrontare il problema dell’integrazione tra la disciplina architettonica e i problemi costruttivi, estetici, urbanistici, sociali e politici, nel complesso ciclo tecnologico che va dalla progettazione industriale alla pianificazione urbana; promozione della necessità di un lavoro di équipe.

In Italia il Razionalismo, dopo la formazione nel 1926 del lombardo Gruppo 7, diventa corrente di importanza nazionale con la nascita, nel 1928, del Movimento Italiano per l’Architettura Razionale (MIAR), in cui il gruppo confluì. Questo movimento, impegnato nel rinnovamento dell’architettura, si scontrò con l’arte ufficiale del regime fascista, dando conseguentemente vita a sporadiche realizzazioni architettoniche. Tra i nomi dei protagonisti di quell’impegno organizzativo e progettuale vanno ricordati gli architetti Giuseppe Terragni e Adalberto Libera e il contributo critico di Edoardo Persico e Giuseppe Pagano. Design, mostre, case residenziali e popolari d’alto valore, questi i settori maggiormente toccati dai grandi del Razionalismo italiano e milanese.

Alcune precisazioni per cercare di spiegare al meglio il processo progettuale del movimento, al fine di prepararci a visitare le opere razionaliste di oggi, ammirandone la bellezza e comprendendo  il progetto che vi sta a monte.

I CARATTERI DEL RAZIONALISMO IN BREVE:  rigore e precisione, funzionalità, innovazione.

Il calcestruzzo diventa la materia prima per costruire, il colore bianco predomina su tutti, l’altezza degli edifici si innalza, si studia l’orientamento solare, proporzioni e salubrità degli spazi abitati, tutto è in funzione del loro uso. La progettazione ha inizio dalla ragione che tutto governa, ovvero procedimenti matematici e corrispondenze, rigore e funzionalità; vedremo un’evoluzione del concetto di casa, in particolare nei quartieri ad alta densità, l’uso di finestre a nastro (cioè, a tutta lunghezza), l’uso del calcestruzzo permette di prediligere planimetrie aperte e libere dalla divisione puntiforme a pilastri, il decoro passerà in secondo piano, se non del tutto celato. Eppure il Razionalismo italiano non raggiungerà mai l’estro e l’audacia del Modernismo europeo e d’oltre Oceano. Il Razionalismo in Italia rimarrà sempre legato alla tradizione e alla classicità, una classicità che viene evocata come radice e fondamento, per essere trasformata in altro, cambiandone l’aspetto.

Cristina Sarcina – Illustrazione di Chiara Bosna

IL PROCESSO DI PROGETTAZIONE: scomporre, cercare l’essenza, risolvere, ricomporre

«Tra costruzione logica e intuizione in una tensione tra idea e realtà. È una ricerca fatta di avanzamenti e ripensamenti, di verifiche fondate su un processo intellettuale ma necessariamente radicato su una ricerca empirica ove si fondono insieme le necessarie dimensioni del fare e del pensare», A. Aalto.

«Il metodo è ricerca di leggerezza, è quel processo di sottrazione che non permette si parta da una forma precostituita ma ci si arrivi attraverso il disegno dei singoli pezzi»,Franco Albini.

«Progettare è facile quando si sa come si fa, tutto diventa facile quando si conosce il modo di procedere  per giungere alla soluzione di qualche problema; e i problemi che si presentano nella vita sono infiniti: problemi semplici che sembrano difficili perchè non si conoscono, e problemi che sembrano impossibili», «il metodo progettuale non è altro che una serie di operazioni necessarie, disposte in un ordine logico dettato dall’esperienza». (…) «Se si impara ad affrontare piccoli problemi, si può pensare di risolvere poi anche grandi problemi. Il metodo progettuale non cambia, cambiano solo le competenze e allora nel caso di un grande progetto occorrerà aumentare il numero dei competenti e dei collaboratori, creando una equipe»,Bruno  Munari.

ITINERARIO:

1. CASA RUSTICI, Corso Sempione 36 – architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri

Giuseppe Terragni è sicuramente una delle più importanti figure nel panorama razionalista italiano. Originario di Como, progettò maggiormente per la sua città natale; in particolare vi ricordo La Casa Del Fascio in piazza del Popolo, il palazzo residenziale Novocomum e il Monumento ai Caduti. A Milano opererà maggiormente per gli spazi espositivi alle biennali di Monza e per edifici privati residenziali, tra questi oggi visiteremo Casa Rustici, progettata con la collaborazione di Pietro Lingeri. L’edificio residenziale è situato a Milano incorso Sempione 36 ed è stato costruito tra il 1933 ed il 1935, è da considerarsi tra le prime affermazioni del Razionalismo italiano a Milano. Fortemente condizionata dai regolamenti edilizi di allora, seppe comunque collocarsi tra quei pochi edifici, come la Ca’ Bruta di Muzio e la Casa della Meridiana di De Finetti, che misero in discussione le consuetudini milanesi e italiane dell’edilizia domestica, sconvolgendo la gerarchia tra fronte-retro-cortile.

L’edificio sorge su un’area trapezoidale. Per ovviare alle difficoltà del lotto tanto irregolare, Terragni decise di edificare due corpi di fabbrica staccati, orientati ortogonalmente su Corso sempione: uno di pianta rettangolare (lato sud su via Procaccini), l’altro con pianta a T (lato nord su via Mussi), a cui aggiunse un corpo appendice a torre. Oltre alle difficoltà apportate dalla forma del lotto, fu anzitutto l’iniziale desiderio del committente di costruire una villa a due piani a far prediligere questo impianto planimetrico a due corpi distinti: Terragni mostra qui il principio razionalistico di decostruttivismo e ricomposizione del prodotto architettonico, la considerazione dei diversi corpi separati per funzione, progettati con minuzia e la loro riconnessione armoniosa e funzionale. L’impianto così predisposto con la soluzione a due corpi di sette piani fuori terra, è continuamente connesso da una serie di ballatoi che si allineano alla facciata principale. Il tema del ballatoio milanese viene ripreso e rivisitato in questo progetto, essi rappresentano in realtà dei lunghi balconi passerella, non utilizzati per la distribuzione delle residenze, la cui funzione rimane destinata a due distinti corpi scala con annessi disimpegni. La soluzione lascia intravedere la corte interna tra due corpi di fabbrica, rimanendo così filtrante e aperto lo spazio tra essi, ristabilendo allo stesso tempo la continuità inizialmente negata tra i due. Il piano tipo è organizzato con due gruppi di tre alloggi di diversa dimensione, da tre a sette locali. Al livello più alto si trova la villa monofamiliare, un volume che occupa asimmetricamente parte dei due corpi di fabbrica, lasciando tutta la restante superficie a terrazza e giardino. A venticinque metri di altezza, la villa è immersa nel verde, come se si trovasse alla quota del terreno.

Casa Rustici – Illustrazione di Cristina Sarcina

2. CASA SUL LAGO PER ARTISTA, esposizione momentanea alla V Triennale di Milano, arch. Terragnidemolita e ricostruita tale e quale sulle rive del lago di Como

La Casa sul Lago per un Artista era stata progettata dal Gruppo 7, in vista della V Triennale di Milano, mostra dell’abitazione moderna, per rappresentare una costruzione sperimentale di casa per artisti, che doveva essere realizzata sull’isola Comacina. Il progetto verrà effettivamente costruito per la V Triennale di Milano del 1933, in parco Sempione. Il regista dell’esposizione, Giò Ponti, organizza la Mostra dell’abitazione,  dove intende inserire diversi edifici, perfetti modelli di dimore moderne. Fu di Terragni l’iniziativa di realizzare la Casa per Artista su lago da inserirsi sull’isola Comacina, a rappresentare quindi un progetto realizzabile e non solo un prototipo decontestualizzato. Il prototipo (per vacanze) è per un pittore con famiglia. Il portico sottopassante divide lo studio in doppio volume dalla residenza. Lo studio, chiuso a sud, presenta a nord una parete in vetro-cemento prolungata per due metri nel soffitto. «Il cliché del tipo d’Artista», scrive Terragni, «che deve vivere e comportarsi in modo costantemente  diverso da quello di tutti gli altri uomini, è disusato. La casa di un artista è la casa di un uomo intelligente, moderno e di gusto, che vive e  lavora liberamente e semplicemente».

La casa, a due piani, era orientata verso sud, dove lo spazio principale, lo studio dell’artista, era distaccato dal complesso e affacciava direttamente sul lago, tramite una parete completamente vetrata. La pianta viene così articolata in due spazi: lo studio dell’artista, chiuso a  sud e aperto a nord tramite una parete di vetro-cemento che gira in copertura per circa 2 metri, alto 5,50 metri; e la casa vera e propria, collegati da un porticato. Luce e colore dominano la composizione degli spazi. Le aperture garantiscono in maniera mirata la splendida vista sul lago. Inoltre la casa, pensata per essere smontabile, era stata realizzata in acciaio con elementi strutturali standardizzati, mentre alla Mostra, per la durata breve dell’esposizione, era venne costruita con una gabbia lignea; una versione fu studiata anche in cemento armato. Anche gli arredi, disegnati in parte da Terragni e in parte scelti da catalogo, erano stati studiati per essere facilmente modificabili o sostituibili, a seconda del gusto dell’artista.  L’idea di realizzare concretamente la casa per artisti sull’isola, prese piede nel 1935, il compito venne affidato a Lingeri, che attorno agli anni Quaranta realizzò  l’intervento sull’isola  Comacina.

3. CASA PALAFITTA, villaggio dei giornalisti, architetto Figini

La villa dell’architetto Luigi Figini è una piccola costruzione all’interno del Villaggio dei Giornalisti, nella zona a Nord est di Milano. Viene realizzata all’inizio degli anni 30 e oggi , sia pur con qualche traccia del tempo, non perde la sua unicità all’interno del minuto tessuto cittadino. È un’area questa che non tutti conoscono e che merita una visita, al suo interno ci troverete anche le rinomate «case igloo», così come vengono chiamate, che vennero erette nel 1946, anno in cui l’ingegnere Mario Cavallè, uno dei massimi esperti di architettura dell’epoca, ne creò l’estroso progetto.

Interno Casa per un Artista – Illustrazione di Cristina Sarcina

La villa Figini è invece un vero e proprio esempio di Modernismo europeo, rivisitato in chiave razionalista italiana, di cui diventa il manifesto. La costruzione è iscritta in un rettangolo aureo e a tale proporzione si rifà tutto l’edificio nelle sue scomposizioni. La villa, un prisma perfetto che abbraccia le sue grandi terrazze, è una sorta di giardino dentro la casa, ma allo stesso tempo una casa dentro il giardino; in perfetto equilibrio tra forma e funzione: come un diaframma che attraverso le aperture, si libera nello spazio circostante e da questo si lascia penetrare, insieme all’aria, al sole, al paesaggio, che al momento dell’edificazione era aperto in ampi spazi verdi e coltivati. La pianta rettangolare alquanto allungata è orientata secondo l’asse eliotermico, così da garantire il miglior apporto di illuminazione e il controllo del calore. La struttura portante si regge su 12 pilastri in cemento armato, alti circa 4 metri, l’abitazione si distribuisce su due livelli, uno per il giorno e l’altro per la notte. Per accedere al primo piano si percorre una sala semplice e aperta. Al primo livello, oltrepassati la cucina e una stanza da letto, si accede direttamente al grande soggiorno che si affaccia sulterrazzo a doppia altezza. Il piano superiore è più contenuto in pianta e dedicato alla zona notte con camera da letto e bagno entrambi affacciati su due terrazze solarium. Le facciate a perimetro dell’edificio sono ad intonaco civile tinteggiate di bianco e caratterizzate dal segno netto delle finestre a nastro, ovvero a tutta lunghezza, con serramenti colorati avvolgibili. Il solco delle finestre al primo livello viene replicato nella muratura in alto, ma senza serramenti, così lo spazio diventa aereo, lasciando sospesa la linea di travatura lungo il perimetro.

Eccoci arrivati alla fine del percorso di oggi, nel prossimo numero vi porterò a visitare le opere di Franco Albini, architetto razionalista di grande valore, uomo silente che rimane leggermente di nicchia, ma le sue opere, soprattutto quelle di design, sono in realtà conosciute a molti e rimaste nella storia al punto che la famosa casa produttrice di design, Cassina, le ripropone tutt’ora. Visiteremo il suo studio, oggi sede di una fondazione e ancora studio attico di architettura, attraverseremo la sua storia e i suoi oggetti.