Di Achille Mauri
Penso che il 2020 segni l’inizio di un’inversione di rotta per l’evoluzione delle città in generale e per Milano in particolare.
I lockdown che hanno così fortemente segnato questo periodo hanno avuto una serie di ripercussioni economiche, sociali e psicologiche che ci toccherà affrontare nel prossimo decennio, necessariamente cambiando l’orizzonte delle nostre priorità.
Una città sostenibile
Per secoli abbiamo visto le città incrementare le loro dimensioni come se questo fosse l’unico trend possibile: concentrare gli esseri umani in quantità sempre maggiori attorno ai principali centri urbani, impegnati in un’espansione esponenziale ecologicamente e socialmente non sostenibile.
Oggi, dopo che miliardi di esseri umani in tutto il mondo hanno vissuto una forte limitazione delle loro libertà personali e un’esposizione al pericolo direttamente proporzionali alla concentrazione di abitanti, alla qualità dell’aria e della salute pubblica, io credo che guarderemo al futuro con occhi diversi.
È arrivato il momento di assumerci la responsabilità della nostra interdipendenza ed ecodipendenza, della necessità esistenziale di vivere in un ambiente sano in cui tutti, cittadini di ogni estrazione sociale, sesso, o etnia, possano prosperare.
Le città del futuro devono essere un riflesso di questa necessità. Devono restituire dignità alle periferie, aria ai centri congestionati, potenziare il trasporto pubblico verde, assicurare una minore disparità sociale e battersi per una concreta parità di genere.

La riforma ecologia
La riforma ecologica e quella sociale delle città sono due facce della stessa medaglia. Sono i passi necessari per assicurarsi che i nostri figli possano crescere in un ambiente sano, dove istruzione, salute, occupazione e giustizia sociale siano le nostre priorità.
Stiamo vivendo un momento storico di enorme importanza. Sono questi pochi decenni davanti a noi quelli che decideranno la sorte dell’uomo e della maggior parte della vita sulla Terra così come noi la conosciamo.
Se non vogliamo correre dritti verso un futuro alla Blade Runner, dobbiamo iniziare a costruire una città diversa fin da ora. Io credo che, nella nostra immaginazione, abbiamo tutti iniziato a farlo.
Inserirei la punta del compasso ai piedi della Madonnina, senza ferirla, per aprirlo poi al massimo e tracciare un grande cerchio. Tra la periferia e il centro piantumerei.

Il contatto con la Natura
Nel 2020, come non mai, abbiamo sentito il bisogno di verde, di aria, di spazio, del canto di un uccello e dell’odore delle foglie bagnate. Ci siamo resi conto di quanto la nostra quotidianità sia ormai scissa da qualsiasi rapporto con la natura, questa risorsa aliena a nostra completa disposizione. Da sfruttare, abbattere, dominare e conquistare.
Recidere il rapporto con la natura, purtroppo, significa recidere il rapporto con se stessi, significa condannarsi a un’alienazione profonda e spesso impercettibile.
La Milano di ieri, e di oggi, è purtroppo conosciuta per il triste record di essere spesso la più inquinata d’Italia. Quella del 2030, spero sia una città in corsa per nuovi record legati alla sostenibilità, le aree verdi, la qualità delle periferie e della salute pubblica.
La immagino multietnica, decongestionata e alla (ri)scoperta della lentezza.

Una Milano solidale
In questo senso, mi danno speranza alcuni progetti già in atto o in discussione, come la riqualificazione degli ex scali ferroviari, tra cui Farini, Greco, Rogoredo, e poi l’anello verde intorno a Milano, la rigenerazione ambientale e urbana di aree dismesse o degradate, come l’ex Macello o le palazzine Liberty. Anche la parziale riapertura dei navigli, di cui tanto si è discusso, potrebbe aiutare Milano a riscoprire il valore della qualità ambientale.
I milanesi hanno dato una grande prova di solidarietà e disciplina quando si sono ritrovati a dover affrontare, tra i primi al mondo, la limitazione delle loro libertà per il bene comune.
Sempre per il bene comune, sono certo che saranno capaci di affrontare anche i profondi cambiamenti che la città dovrà affrontare nella realtà post Coronavirus. Perché la salute di tutti è la nostra salute. Per questa lezione, forse, possiamo dire grazie all’anno più denigrato della storia moderna.