A mio padre che non c’è più «Solo ora ti dico: Ti amo»

Di Arianna Morelli

Caro Moro, sì sono tua figlia, quella figlia che negli anni ti ha amato, disprezzato, cercato, compreso, rifiutato. Quella figlia che non si è mai sentita tale. Sai, è dura essere tua figlia. Frutto di un tuo desiderio. Originata dal tuo amore. È sempre stato naturale, da parte mia, sentirmi sempre più come un genitore, ho sempre vestito io la parte razionale e sana fra i due.

Sai, credo di voler far pace con i mostri del mio passato, tutti. Una volta per tutte. Davide, è stata dura crescere, posso dire di aver vissuto a pieno e intensamente i miei primi 19 anni. Gli ultimi tredici sono stati senza di te. O meglio, i primi tredici della mia nuova vita, quella vita che ho dovuto costruire senza una figura genitoriale maschile. Penso a te come a un insieme di colori, colori diversi e accozzati lì, buttati su una tela, diffusi in un’unica ampolla, cardine della mia vita, che hai devastato in una sola notte.

La rabbia era ingestibile e per controllare il sangue che fluiva troppo velocemente tra capo e vertice, non bastava parlare. Non sarebbe bastato sfogarsi, giocando con la propria bambina. Non sarebbe bastato aspettare il pranzo, preparato dalla buona vecchia nostra Albetta. Si sa, non saresti riuscito, non perché non ne avessi la stoffa, ma l’eccessiva onnipresente ‘«bile gialla’» sovrastava la tua forza emotiva. Sarebbe stato bello, troppo. Ma ora vivo dolcemente il tuo ricordo e ciò che saremmo stati. Forse saresti stato qui, vicino a me, stringendomi fra le tue braccia larghe, proteggendomi dal freddo che penetra attraverso gli spifferi di questa nuova accogliente casa. A Colorina. Saresti qui con tua figlia a parlare delle vostre paure, del prossimo viaggio prima dei suoi vent’anni, dell’ultimo trenta agosto passato insieme, dell’auto che le avresti potuto regalare. Di ciò che avreste potuto essere. Qui. Ora. Voi due. Due teste calde.

Potremmo parlare del derby che non vidi, dell’11 maggio. Potremmo discutere riguardo a Ibra. Zanetti e Maldini non si toccano, però. È la regola. Oppure chissà, se ci fossi stato, ora non vestirei una maglia rossonera, sarebbe stato tutto diverso. Credimi. Quando ti parlo. Ogni volta. Quando ti parlo cercando di nascondere l’emotività. Quando mi arrabbio perché sei un ‘«cretino’». Credimi. Quando mi arrabbio e le mie guance diventano rosse, vorrei urlare e varcare la dimensione che ci tiene divisi e ci impedisce di viverci. Come padre e figlia. Credimi. Sei stato tante cose nella mia vita: molte volte sei stato un dubbio, altre una certezza, spesso sei stato l’origine del mio sentirmi inadeguata. Non è semplice essere tua figlia. Quando mi guardavo allo specchio, negli anni precedenti, pensavo: eccoti qui, Arianna Morelli, figlia del tossico Davide. Perché purtroppo ho imparato da poco a dare peso prima al tuo vero io e poi alla tua condizione.

Per me eri un tossico e basta. Mi vergognavo di questo. Credevo che avrebbe inficiato il mio futuro. Ma resti comunque una certezza. Meravigliosamente fragile. Come una bolla. Ammetto che spesso tendo a dimostrare il contrario, ma sai, non è semplice per me, abituata a vestire un ruolo genitoriale nei tuoi confronti, sentirmi figlia. È strano. Maledettamente strano. Lasciarti spazio nella mia vita ora, a 19 anni, mi fa un immenso piacere, provo un amore inspiegabile, ma ho paura, ebbene sì, caro Davide. Ho paura. Stammi vicino più che puoi e varcando la soglia spaziale, stringimi al tuo petto e proteggimi. Fammi sentire compresa. Ho bisogno di te. Finalmente lo ammetto. Ritaglia per noi aeroplani e sulle loro ali potremo volare ovunque. Giappone, Spagna, Croazia, Grecia. Ponchiera. Giardinetto vicino casa della nonna.

Anonimi luoghi pronti a divenire rifugio dei nostri intimi sguardi complici. Rendi degna la tua occasione. Anche con le rughe agli occhi mi sentirò sempre una manciata di chicchi, in confronto a te. Promettimi di mostrarmi ciò che di bello c’è in te. Non tutto è appassito. Non hai più bisogno di Lei. Lei frega e basta, non fa vivere. Sottrae, non aggiunge nulla. Ora è il nostro momento. Stringimi. Fammi sentire degna di essere tua figlia. In ogni occasione. Come se non esistesse un passato. Come se la nostra famiglia fosse appena stata plasmata. Riuscirai Davide. Ci riuscirai. Troverai un rifugio solo per noi due. Forse è proprio qui, fra queste righe che sto stendendo, come neve rapida discendono e non si interrompono, anche se razionalmente il perdono è ancora lontano. Un nostro bacio bloccherà il rancore. Dammi la mano. Riaccompagnami alle soglie del mondo.

Arianna Morelli con suo padre Davide

Moro, fidati. Sono caratterialmente testarda, cocciuta, a tratti timorosa. Non fidarti sempre di ciò che ti sputo in volto, quando mi lascio trasportare dalla bimba che è in me, dal flusso incontrollato dei pensieri. Servono solo da corazza. Penso che saresti orgoglioso di me. Sai, ho sistemato i rapporti con i nonni e ho provato a contattare il tuo padre biologico, ma nulla. Non prendiamocela. In fondo noi siamo Morelli a tutti gli effetti. Sai, ho ripreso in mano le tue lettere, quelle che spedivi da Sanpa alla nostra cara Alba. Si percepisce il tuo crederci. Si sente il tuo voler trionfare contro quella poco di buono. Quando mi capitano fra le mani, piango come una bimba. Sembro una fontana. In tutte parli di me, in tutte chiedi di me, in una in particolare: quella datata 28.11.04. In questa lettera parli con serenità, eri in comunità, ti stavi riprendendo la tua vita, stavi allontanandoti da quella str****.

A fine lettera parli di me, di quanto ti manco, del fatto che volevi riprenderti per me. «A mia figlia: la cosa più bella che ho». Bene, penso sia ora di fare chiarezza, voglio parlarti essendo il più onesta possibile, senza filtri, senza far pesare di più la bimba o la mamma che è in me: ti parla Arianna, tua figlia. Finalmente, tua figlia. Davide, nei tuoi confronti, contro di te, anche se non è uno scontro, provo amarezza, rabbia, dolore, un po’ di pena, malinconia e finalmente anche tanto amore. Affetto che prima si nascondeva, per paura di mostrarsi. Affetto che c’è sempre stato, ma doveva essere metabolizzato. Solitamente bisogna metabolizzare il dolore, con te no, dovevo semplicemente metabolizzare il mio amore nei tuoi confronti. Si potrà? Siamo proprio due persone strane io e te. Credo sia stato l’aspetto più difficile da affrontare nel nostro particolare, complicato e lungo percorso di scoperta dell’altro: accettare l’amore. L’amore verso un tossico. Per il mio Moro. Le emozioni sono sempre così, fuggono e le rincorri, le hai e non le vuoi, le ricerchi e non le trovi. Forse, bisognerebbe semplicemente viverle. Davide, forse è arrivato il nostro momento, il momento di viverci, il momento di essere fragili l’uno nelle braccia dell’altro, il momento di sentirci giusti nella relazione che abbiamo instaurato. Forse questo ce lo meritiamo entrambi. Forse è arrivato l’attimo perfetto per spiccare il volo e sentirmi finalmente Tua Figlia. Dopo tanto tempo e con più libertà te lo posso dire: ti amo.