Quando negli USA i giornalisti non hanno voluto fingere

Di Carlo Skinner

Che senso ha essere giornalista, intervistatore, caporedattore, vicedirettore, direttore… se di fronte alle falsità, disinformazione, provocazioni, superficialità dell’intervistato, di chi fa una dichiarazione, si lascia correre, si fa finta di niente, non si chiede nessuna spiegazione, non si avanza un dubbio, uno straccio di richiesta di chiarimento; se nessuno si chiede e gli chiede: «ma questo dato da dove lo prende? Ma perché non risponde alla mia domanda?». 

I giornalisti che hanno sbugiardato Trump

La risposta se la sono data i giornalisti americani delle grandi emittenti televisive Abc, Cbs, Msnbc e Nbc che – era il 3 novembre scorso alle 2.20 p.m. ora di Washington (le 8,20 del mattino in Italia) -, hanno deciso improvvisamente di interrompere una diretta televisiva dalla Casa Bianca del Presidente in carica Donald Trump, per affermare che ciò che il Presidente stesso stava dicendo all’America, («C’è stato un furto delle elezioni», «Siamo in vantaggio su Biden alla grande. Ma stanno cercando di rubare il voto») era palesemente non vero.

E qualche settimana prima, all’ennesimo rifiuto di Trump di condannare i suprematisti bianchi, i complottisti di estrema destra e i negazionisti del Covid, la giornalista Savannah Guthrie, 48 anni, anchorwoman di NBC, lo aveva zittito: «Lei è Presidente degli Stati Uniti, risponda, non è uno zio pazzo qualunque».

È vero che negli Stati Uniti sul voto elettorale i cronisti dei media si giocano la reputazione e la credibilità, fino a certificare chi ha vinto e chi ha perso. E in effetti, Joe Biden ha vinto le elezioni sbugiardando Trump.

Gli Episodi del 2020

Ma quella notte, dopo l’interruzione delle sfuriate trumpiste, i giornalisti hanno anche cercato di riportare subito i loro spettatori sul terreno dei fatti, dimostrando, dati alla mano, che si può  evitare di assistere passivamente a dichiarazioni false, chiarendo le idee al pubblico.

Il tema centrale di questi episodi del 2020, che resteranno nella storia mondiale dell’informazione, è tuttavia come determinare l’operato di media liberi, indipendenti e professionali in contesti politici caratterizzati da un’estrema polarizzazione dell’opinione pubblica, rafforzati anche dalle deliberate strategie di disinformazione di chi esercita il potere politico ed economico.

Cioè, come non cadere nella doppia tagliola, da un lato, quella di un grande pubblico che ha esasperato l’umana inclinazione a desiderare nemici, a sentirsi vittima, a cercare capri espiatori anche per condizioni di vita difficilissime, com’è per l’era del Covid. E dall’altro, quella dei giornalisti che scelgono le notizie da pubblicare, da titolare e da confezionare, privilegiando le voci di chi vuole spaventare e preoccupare, alimentando polemiche, litigi, tensioni, divisioni.

Qual è il lavoro del giornalista?

In Italia, quasi ogni giorno nei talk show e sui giornali, molto spesso si lasciano passare le solite frasi vuote di risposta, anche in momenti drammatici che registrano centinaia e centinaia di morti per Covid, nascosti dietro la giustificazione-rassicurazione: «ma il picco della seconda ondata è passato».

Trionfano queste battute degli illustri intervistati, il Presidente del Consiglio, il Ministro, il Presidente di Regione: «Intanto mi lasci dire che… Abbiamo passato l’estate a lavorare… Stiamo facendo molti sforzi per…».

Poi si passa ad altro. Ad altre domande che innescheranno altre non-risposte.

Perché il giornalista tollera che il politico, l’imprenditore, l’esperto non risponda, oppure che lanci accuse e dati palesemente infondati?

Qual è lavoro del giornalista? Per chi lavora quando fa finta di nulla?

Un cittadino informato è garanzia di democrazia

Molti ormai dicono apertamente che è difficile capire perché sopravvivano ancora numerose sceneggiate tra politica e media, che sono un’offesa all’intelligenza dell’audience, cioè di noi cittadini e un contributo al peggioramento nei modelli di relazioni con gli altri, all’inquinamento della convivenza civile.

Molti dicono basta ai giornalisti tifosi e sì ai giornalisti integri, che pure ci sono e vanno sostenuti.

La situazione degli ultimi mesi di drammatica pandemia, offre comunque la possibilità di rivedere le proprie modalità di informazione e comunicazione, ridando valore all’esperienza, alle competenze, affiancando ai giornalisti anche esperti scientifici in aree – ad esempio la sanità – che sono complesse e non facili da raccontare.

Solo così si può ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e giornalisti e istituzioni, tra esperti e non. Un cittadino ben informato è una garanzia di democrazia efficiente e funzionante.

Forse tutto questo non servirà ad affermare la verità dei fatti, perlomeno non tutti. Ma aiuterà a mettere in luce le caratteristiche particolari, anche quelle positive, che nascono dalla presa di coscienza degli errori commessi.