Com’è cambiata la scuola dalla pandemia di Covid? In questo articolo il punto di vista del professore Roberto Pellizzoli.
Di Roberto Pellizzoni
Sono tornato nella mia scuola trasformata dalla pandemia: banchi separati, disinfettante, personale e studenti con mascherine. Finalmente senza la mediazione di uno schermo ho incontrato gli sguardi degli allievi, ancora più intensi, sfuggenti e preziosi, perché, con i volti coperti, sono la sola finestra sul loro mondo, insieme alle parole.
Ancora una volta mi sono chiesto come rendere quel momento un inizio. Siamo partiti dalle emozioni provate ad essere lì, in quel luogo che pure esiste ancora ed è ancora nostro. La mia gioia nel ritrovarli, la loro paura e i loro dubbi, la motivazione tutta da costruire, la preoccupazione per il futuro. Mentre li ascoltavo, come sempre, la mia aula è diventata il fulcro di una sorta di gravitazione universale. Covid ci ha ricordato, con la violenza di un trauma, che siamo parte di un sistema.

La Scuola Italiana
Quale? Te lo racconta il radiogiornale mentre raggiungi la scuola: le democrazie, e la forma stessa della democrazia, in grave crisi, con persone, elezioni e mass media avvelenati, dal nervino o dalla manipolazione, o massacrati da una repressione feroce; il consumo continuo cui votiamo le nostre vite, e persino le relazioni; l’ecocidio da cui covid è partito, verità rimossa che la falsa coscienza non vuole vedere; la distinzione tra reale e virtuale che si assottiglia fino a scomparire.
E la scuola italiana da decenni tenuta in scacco da partiti e sindacati che la considerano luogo di scontro di interessi particolari e terreno di coltura di clientele: senza un sistema di reclutamento stabile, rigoroso e meritocratico, né un sistema di aggiornamento e formazione continua dei docenti. I precari che attendono e le scuole che cominciano senza migliaia di insegnanti. E poi, altra scomoda e rimossa verità, la persistente distinzione tra ricchi e poveri: i ragazzi di estrazione economica più bassa mediamente frequentano ancora oggi scuole con un corpo docenti meno motivato e preparato. Per questo troppe famiglie scelgono il liceo come unica scuola «buona», senza che poi i figli arrivino mai alla laurea, mentre le aziende faticano a trovare buoni operai e tecnici. Non sono le mascherine a togliere l’ossigeno alla scuola italiana, ma questo sistema malato. Serve, come direbbe Camus, una rivolta permanente di studenti e professori, in ogni ora di lezione.

L’Idea Di Futuro
I ragazzi sono preda di questo sistema e lo conoscono sempre meno, perché sono stati spinti a rifiutare la politica dal fallimento e dall’ipocrisia delle generazioni passate. Non saranno covid e la crisi economica a rubare ai giovani il futuro: l’idea stessa di futuro era già appassita tra le loro mani. Forse ora si ruba loro anche il presente.
Torniamo al qui e ora di quest’aula e di questi sguardi. Covid sta cambiando il rapporto tra la casa e la città, spingendoci a non amare e curare gli ambienti comuni. Chi entra a scuola riscopre, però, che qui è possibile una «casa» che non sia uno spazio chiuso dalla paura. Qui possiamo coltivare ogni giorno la scoperta di essere responsabili di un unico sistema vivente. Da qui dobbiamo reinventare il futuro, ripartendo dall’ascolto di sé e dell’altro, dalla parola come luogo dell’incontro. Abbiamo bisogno di un contagio buono, il cuore nascosto di ogni educazione, l’unica vera eredità intergenerazionale: il contagio del desiderio, della passione che passa dall’esserci e dall’essere-con, e dallo scoprirsi, come scrissero Dante e Pascal, imbarcati sulla stessa nave e ugualmente bramosi di sfidare il mare aperto.

Rapporto Studenti E Scuola
Per trovare le proprie personali «virtute e canoscenza». Gli studenti hanno bisogno di essere ascoltati e riconosciuti come persone e come mondi. Nella scuola italiana c’è un enorme potenziale sommerso e troppo spesso sprecato. Lo vedi in quegli occhi sfuggenti e intensi, che hanno bisogno di essere riconosciuti da docenti che credano nei loro talenti, e lascino il segno (insegnare) della promessa, per fare la differenza contro un destino già scritto. La scuola ha bisogno di ossigeno, e noi docenti e studenti, di nascere insieme nell’esperienza del conoscere, come disse Socrate, che paragonava il maestro ad una levatrice.