Tre ragazzi discutono sull’odio. Come fermare la violenza? La conversazione guidata con il direttore Giancarlo Perego
Colleferro, Pisticci, Caivano: botte, stupro, morte. Odio, violenza, ignoranza.
Non possiamo evitare di parlarne, perché ancora oggi questi fatti indecenti riempiono i nostri quotidiani e abbattono la nostra civiltà.
Guidati dal nostro direttore Giancarlo Perego, con i B.Liver Edoardo Hensemberger, Sarah Kamsu e Francesca Bazzoni, tentiamo di comprendere il senso di questi eventi e che cosa si cela dietro tali orribili manifestazioni di odio.
Perché Tutta Questa Violenza? Come Fermarla?
Giancarlo: Perché tutta questa violenza? Come fermarla?
Edoardo: Penso che non capirò mai il perché di tutto questo odio: gli scatti di rabbia esistono, ma non penso possano durare a lungo, a un certo punto deve per forza subentrare qualcos’altro. Io mi arrabbio, certo, ma poi mi passa. Quindi mi chiedo: come si verifica il passaggio tra lo scatto di rabbia e la rabbia che non si ferma? Qual è il confine che porta le persone ad infierire così quando lo sfogo già c’è stato? Perché non darsi un limite? Non trovo dentro l’essere umano questo odio incontrollato, perché non lo trovo dentro di me e quindi non riesco a comprenderlo.
Quali Sono I Motivi Che Possono Far Nascere La Violenza?
Giancarlo: Secondo voi quali sono i motivi che possono far nascere la violenza?
Sarah: Facciamo attenzione, la violenza non è solo fisica ma può manifestarsi in altri modi: io posso essere violento anche senza usare la forza, posso esserlo verbalmente, psicologicamente, fare sentire qualcuno inferiore. Non ho mai subito violenze fisiche, ma spesso mi è successo di essere etichettata per il colore della mia pelle, anche questo è a mio parere un atteggiamento violento.
Francesca: Concordo, la violenza psicologica può far male quanto quella fisica, anche di più. Il fatto è che l’odio è direzionale, è rivolto necessariamente verso qualcuno, e la violenza accompagna quindi perfettamente il suo manifestarsi. Quando l’odio sfocia in violenza è come se venisse strumentalizzato e usato come sfogo, è come se questi ragazzi, quelli di Colleferro, si sentissero giustificati dall’odio, a riversare loro violenza verso qualcuno diverso da loro. Spesso l’odio si scatena nei confronti di una minoranza o di qualcuno di più debole (pensiamo alle tante violenze domestiche sulle donne o a un ragazzo di colore pestato a morte dai coetanei), con vigliaccheria si riversa dal più forte al più debole, anche se dall’odio poi nasce altro odio, e così anche il più debole trova motivo per odiare.
Edoardo: Come fai a odiare una persona che non conosci?
Francesca: È un pretesto…
Sarah: È un pregiudizio che c’è verso una categoria di persone; si può odiare a prescindere. Vediamo cosa è successo, non è un caso che siano stati aggrediti un ragazzo di colore e un ragazzo trans, categorie che nella società vengono etichettate in un certo modo.

Si Può Odiare A Prescindere?
Giancarlo: Quindi si può odiare a prescindere?
Sarah: Basandosi sul pregiudizio, sì.
Francesca: Esatto, non credo sia un odio autentico, perché quei ragazzi non avevano motivi per odiare Willy. Questa è autentica violenza, fine a se stessa, e viene camuffata da odio.
Giancarlo: Pensiamo a questo bisogno di supremazia, di essere primi, di distinguersi dalle altre categorie: c’è in tutta la società, lo troviamo in tutti gli aspetti della vita, dal lavoro allo sport. Veniamo cresciuti così. Quando questo bisogno diventa un’ossessione può far nascer una forma di violenza che si manifesta poi in questi eventi?
Edoardo: Essere primi in che cosa? In cosa questi ragazzi volevano predominare?
Giancarlo: I ragazzi che picchiano Willy sonoi primi per violenza, picchiano più forte. La società ci insegna la supremazia, il grande ego, la soggettività: io sono il più forte, io te la faccio pagare, io conto. Il sociologo Giuseppe De Rita approfondisce questo punto anche con un discorso legato alla cattiva finanza, mirata al far del male a qualcuno, alla finanza usata per far primeggiare un figlio crescendolo con l’idea di essere migliore e dover schiacciare gli altri, quelli ritenuti valere meno. Ci sono scuole dove viene insegnato che si è i migliori…
Francesca: Sì, ci sono casi in cui si insegna la differenza e a dover essere i migliori. A questo si lega poi un bisogno di autoaffermarsi attraverso il predominio sugli altri: trovo la conferma di me stesso affermando la mia superiorità nei tuoi confronti. La rabbia insita all’essere umano può essere data da un’insoddisfazione personale, ma viene veicolata attraverso l’odio per qualcuno. Poi ci sono persone in politica che raccolgono e sfruttano l’odio verso alcune minoranze per fare gruppo e questo porta a una sorta di assenso silenzioso verso questi atti di violenza. C’è tanta ignoranza. Crescere in un contesto culturale ristretto e sentire chi dovrebbe essere un leader esortare all’odio, fa sentire giustificati a odiare, dalla parte del giusto, e questo pensiero diventa contagioso nella mentalità collettiva. Mi spaventa maggiormente chi ha avuto la possibilità di crescere in un contesto aperto, di studiare, conoscere, e sviluppare un pensiero più evoluto. Senza un’educazione adeguata, l’ignoranza dilaga e diventa la normalità, si comincia a ragionare come il proprio contesto culturale suggerisce di fare. Ma un ragazzo violento cresciuto invece in un contesto più evoluto, mi fa più paura perché non ha attenuanti.

Hai Mai Conosciuto Il Pregiudizio?
Giancarlo: Sarah, hai conosciuto il pregiudizio?
Sarah: Sì, sento sin dall’infanzia il pregiudizio. C’è una frase di un calciatore africano che mi piace molto: «Io sono diventato nero attraverso gli occhi degli altri», io capisco di essere diverso perché gli altri mi fanno notare che sono diverso. Questo succede già dall’infanzia. Quando cresci incontri il pregiudizio nella quotidianità, e questo non nasce sempre dalla cattiveria, spesso è anche inconsapevole, ma tanti piccoli gesti possono sottolineare la differenza e portano quindi a distacco ed esclusione. Noi afrodiscendenti che viviamo in Italia, ci rendiamo conto di essere diversi sin dalla scuola, perché continuamente messi a confronto con gli altri, a partire dalla maestra che ingenuamente ti espone davanti alla classe elogiando i tuoi capelli afro, ma sottolineando che sono diversi da quelli delle tue compagne: piccoli gesti che nella quotidianità feriscono.
Giancarlo: Edoardo tu hai mai odiato? Vieni da una recente esperienza di violenza, di rissa: hai odiato la persona ti ha fatto del male?
Edoardo: Ho odiato le conseguenze di quello che è successo, ma non lui, per lui provo indifferenza.
Hai Mai Odiato?
Giancarlo: Francesca, prima hai parlato di rabbia; tu invece hai mai odiato?
Francesca: È un discorso complicato per me, perché io spesso penso di odiare, ma alla fine non è così. Sento di avere tanta rabbia dentro, ma è una rabbia che non può essere liberata perché non c’è nessuno su cui sfogarla e con cui prendersela, nessuno ne è la causa. Questa rabbia ha bisogno di uscire, e a volte esce anche in modi inadeguati, o senza una ragione abbastanza valida. Allora mi rendo conto che non è quella situazione che mi fa scattare così, quello è solo un pretesto che accende la miccia; penso che sia odio ma non lo è. Si tende a cercare un colpevole. Allora mi chiedo quanto sia la rabbia ad alimentare l’odio. La rabbia è l’anticamera dell’odio?
Edoardo: Credo che la rabbia sia una cosa normale, l’odio non c’entra. Esiste rabbia senza odio, ed esiste odio senza rabbia. Non puoi provare rabbia per qualcuno che non conosci, è odio. E l’odio c’è come c’è l’amore, l’odio è odio, un sentimento primordiale.

La Disegualianza Sociale Può Diventare Odio?
Giancarlo: Una diseguaglianza sociale può diventare odio?
Francesca: Sì, perché abbiamo bisogno di affermarci; c’è a mio avviso un’insicurezza alla base, che genera il bisogno di categorizzarsi come migliori e appartenenti a una «classe» migliore.
Sarah: Sì, genera odio, gelosia che diventa odio. Se nello stesso quartiere c’è chi sta bene e chi non ha nulla, a scuola si sentirà la diseguaglianza e i più poveri coveranno una gelosia per i più ricchi che potrebbe tramutarsi in odio.
Edoardo: Secondo me invece, no. È il modo in cui ti poni nei confronti della diseguaglianza che può generare odio. Dopo l’operazione che ho subito ero nella mia stanza, con la mia fibrosi cistica e le complicanze polmonari, ma pensavo che nelle stanze accanto c’era qualcuno che sicuramente stava molto peggio, così come i miei amici fuori stavano molto meglio. C’è sempre qualcuno che sta peggio di noi e qualcuno che sta meglio, quindi non sono giustificato ad avercela con qualcuno; le cose nella vita succedono e basta. Poi ci sono sempre gli ultimi, ma non c’è l’ultimo degli ultimi.
Quanta Ingiustizia Si Può Sopportare?
Giancarlo: Quanta ingiustizia può sopportare una persona?
Sarah: Una persona può sopportare l’ingiustizia finché arriva un momento in cui deve scegliere: o cambia la situazione o continua a vivere così. Quando sei l’ultimo del carro o continui a vittimizzarti, o provi a cambiare le cose. È l’atteggiamento verso l’ingiustizia che conta, come ci poniamo di fronte a questa, puoi sopportare fino a un certo punto, poi devi dire basta; il tuo limite arriva quando non ci stai più.
Edoardo: Puoi scegliere di non sopportare le ingiustizie che ti capitano e quindi odiare la loro causa e chi non le ha subite, oppure capire che le ingiustizie ci sono, sono difficili da accettare, ma è così. Mi rendo conto di parlare da una posizione privilegiata, ma abbiamo una sola vita in mano e non possiamo scegliere come nascere, ma come relazionarci alla vita sì. Le ingiustizie che ci sono già capitate sono già andate, su quelle di tutti i giorni bisogna provare a lavorarci.
Francesca: Forse dipende da quando l’ingiustizia influisce sullo stare bene con se stessi ed accettarsi; non riesci più a sopportare un’ingiustizia quando ti fa dubitare di te stesso e ti fa stare male. L’ingiustizia ferisce sempre, ma rimane quando comincia a trasmetterti insicurezze.
Educare Contro La Violenza
Giancarlo: Come facciamo a educare contro la violenza, a costruire una società meno violenta?
Sarah: Accettare e conoscere le altre culture, sin dalla scuola, stare insieme.
Francesca: Imparando sin da bambini e venendo educati a considerare le differenze come normali, e tutti parte di una grande, sfaccettata normalità. Imparando a stare insieme e a conoscere senza paura di scontrarsi con il diverso da noi.
Edoardo: Parliamo di odio, rabbia, razzismo, cerchiamo un perché, ma non dovremmo neanche essere qui a parlarne; dovrebbero essere talmente rari questi terribili eventi, da essere immediatamente condannati senza neanche dover discutere di quanto siano sbagliati. Quello che nasce dall’ignoranza prima o poi si ferma, basta educare contro l’ignoranza.
Una cosa noi B.Liver l’abbiamo capita: la vita è troppo breve per sprecare il tempo e le energie odiando.