La Scuola Che Insegna Ad Essere Felici

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Se a scuola studiassimo come essere felici, in modo da poter apprendere meglio e quindi trovare un lavoro soddisfacente? Sembra un gioco da sofistici, eppure questa è la formula, concreta e vincente, che da anni viene adottata in alcuni paesi del Nord Europa.

Cornice di Alberto Ruggieri

Di Loredana Beatrici

«Studiamo. Per trovare un buon lavoro. Così da essere felici». Questo è il paradigma, seppur semplificato, che accompagna le nostre scelte formative da almeno duecento anni. Ma se provassimo a capovolgerlo?

Se Studiassimo Come Essere Felici

Se a scuola studiassimo come essere felici, in modo da poter apprendere meglio e quindi trovare un lavoro soddisfacente? Sembra un gioco da sofistici, eppure questa è la formula, concreta e vincente, che da anni viene adottata in alcuni paesi del Nord Europa.

In Danimarca, Finlandia e Norvegia l’assunto di base del sistema educativo è: un bambino felice è un bambino che apprende di più; sarà un adulto felice e un lavoratore soddisfatto. Una convinzione corroborata da studi e ricerche. La Danimarca e la Finlandia da anni si contendono il primo posto nella classifica dei Paesi più felici al mondo, secondo il World Happiness Report. Una classifica che prende in considerazione il reddito, la speranza di vita, il sostegno sociale, la libertà e la generosità dei propri abitanti.

L’Italia è al trentesimo posto.

Un Sistema Educativo Vincente

La Danimarca vanta ottime posizioni anche per quanto riguarda l’equa distribuzione del reddito, l’indice di democrazia, la capacità tecnologica, il Pil pro capite, la competitività globale, l’eguaglianza tra i sessi (ottava posizione rispetto alla sessantunesima dell’Italia). La corruzione è quasi inesistente. La disoccupazione bassa. La forza-lavoro ben pagata e tutelata. Si crede nell’energia pulita e i giovani sono una priorità. Insomma, qual è il segreto di questo Paese?

I sociologi sono concordi nell’affermare che la riuscita dello stato danese dipenda da un sistema educativo vincente. Un modello all’avanguardia che promuove la creatività, l’innovazione e l’intelligenza emozionale.

Caratteristiche che il World Economic Forum 2020 ha riconosciuto come necessarie per trovare un lavoro in futuro, a discapito di abilità quali la manualità, la resistenza fisica, la memoria, il saper scrivere e far di conto. Questo perché con lo sviluppo dei robot e dell’intelligenza artificiale queste ultime abilità sono diventate appannaggio delle macchine e le uniche capacità che rendono ancora unico l’essere umano sono i valori, la solidarietà e il lavoro di squadra.

Lavori Che Non Esistono Ancora

Il World Economic Forum ha stimato anche che il 65% dei bambini di oggi farà lavori che non esistono ancora. Questo significa che dovremmo educarli ad affrontare l’ignoto, piuttosto che a eseguire compiti specifici. La scuola italiana, però, non è cambiata molto rispetto a quando lo scopo era formare le persone per il lavoro in fabbrica, all’inizio della rivoluzione industriale.

Gli insegnanti hanno ancora classi da venti bambini, ai quali offrono lo stesso tipo di strumenti, aspettandosi gli stessi risultati. Come in una catena di montaggio. Il sistema educativo danese si basa non su un sistema di voti e di punteggi, ma sullo sviluppo emotivo e il livello di benessere degli studenti. Per coltivare il benessere viene utilizzato il metodo TEACH: TRUST (fiducia in se stessi); EMPATHY (capacità di leggere gli altri); AUTHENTICITY (sincerità); COURAGE (coraggio di sbagliare); HYGGE (arte di stare bene insieme).

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FIDUCIA IN SE STESSI: per il sistema danese non è importante essere sicuri di sé, ma avere autostima. Due concetti simili, ma profondamente diversi. Il primo misura quello di cui siamo capaci e che possiamo dimostrare agli altri. Il secondo misura quanto siamo a nostro agio con noi stessi. La scuola favorisce la costruzione dell’autostima lasciando liberi i bambini di giocare, senza soffocarli con regole e divieti e permettendo loro di fare le proprie esperienze, anche pericolose (ci sono ore dedicate ai giochi all’aperto, compreso l’arrampicarsi sugli alberi. La fiducia in se stessi viene costruita anche attraverso l’inclusione e le decisioni comuni prese in classe. Gli insegnanti si mettono al livello degli studenti. A tal proposito è curioso come il verbo danese at loere significhi sia imparare che insegnare.

EMPATIA: in Danimarca s’insegna a leggere i libri e le persone. L’empatia viene insegnata attraverso lavori di classe (visione di foto, video e giochi di ruolo) in cui viene chiesto di descrivere e interpretare le emozioni altrui. Nelle scuole esiste l’Ora di classe, uno spazio libero in cui gli studenti si parlano, si ascoltano, si abbracciano e valutano il proprio livello di felicità.

SINCERITÀ: vengono trattati da subito argomenti per noi «tabù» come il sesso, la morte e il rapporto con il proprio corpo. Non devono esistere zone d’ombra, il bambino deve avere gli strumenti per distinguere il bene dal male. Viene posto l’accento sul valore di ognuno, che prescinde da categorie esterne a sé, come il peso, il colore della pelle, i voti presi a scuola o i premi vinti. Riconoscere il proprio valore e quello dell’altro è un passo essenziale anche nella lotta al bullismo, che in Danimarca negli ultimi dieci anni è stato ridotto dal 25 al 7%. Per i danesi non esistono bambini cattivi, ma dinamiche di gruppo sbagliate. Valorizzare le differenze è la chiave.

CORAGGIO. La nostra società tende a glorificare la perfezione in ogni ambito. Ammiriamo l’eroe, il migliore, il più intelligente, il più ricco. Il raggiungimento della perfezione diventa l’unico modo per non essere criticati. Diamo un voto a tutto, per misurare il livello di perfezione. In Danimarca non vengono dati voti, fino a una certa età. Gli studenti non hanno paura di sbagliare, perché nessuno li deride. Gli errori sono parte fondamentale della didattica danese. Gli insegnanti lavorano sulle brutte copie, convinti che si possa imparare di più dagli errori, rispetto che dalla celebrazione dei successi. Non è un caso che grandi aziende come Google, Pixar e Apple nella loro vision abbiano la valorizzazione degli errori. L’unico modo che spinge le persone a osare e a non perdere il genio creativo, che il 98% dei bambini piccoli possiede, percentuale che scende al 30% nei bambini di 10 anni, al 12% nei ragazzi di 15 anni e al 2% negli adulti. Questo solo per la paura di sbagliare.

HYGGE. Una parola danese la cui traduzione può essere «l’arte di stare bene insieme» e che viene praticata all’interno delle famiglie e a scuola. Un’arte con i suoi rituali: arredamento essenziale, candele, sospensione dei conflitti, giuramenti, condivisione. Un’arte che insegna a pensare come un NOI, piuttosto che come un IO, in modo responsabile e tollerante.

Per concludere, non voglio affermare che la Danimarca sia l’Eldorado, ma credo che se la scuola lasciasse ai bambini più spazio per sviluppare le proprie competenze, senza subissarli di compiti a casa (che solo in Italia ancora esistono), o caricarli di aspettative anacronistiche, o ancora se iniziassimo a imparare noi da loro come si leggono le persone e si stringono legami, forse fra un paio di generazioni non avremo più bisogno di scendere in piazza e gridare «Black Lives Matter».