Di Giulia Verbena
«E voi figli, quando?»
Scommetto che almeno una volta nella vita qualsiasi coppia si sia sentita rivolgere questa domanda; si! Perché nonostante il terzo millennio, certi retaggi mentali sono difficili da sradicare, quei retaggi secondo i quali una coppia, per essere completa, deve «forzatamente» procreare!
Il primo ossimoro che ne consegue è che una coppia debba essere formata da tre individui.
Ma vi siete mai chiesti il perché di alcune domande? Io si!
Moltissime persone parlano per senso comune, dando per scontati tantissimi fattori che di comune hanno ben poco, come il «semplice» concetto della fertilità.
Siamo ormai abituati a pensare che esista solo ciò che si vede a occhio nudo, dimenticando che moltissimi fattori caratterizzanti le vite di ognuno di noi, siano magari invisibili agli occhi.
Io ho vissuto due vite, la prima, ante sarcoma e la seconda, post; e sono stata due persone diverse.
Ero una donna che moriva dalla voglia di avere un figlio, e sono poi diventata una donna che non sente la necessità di doverne avere.
Ho capito quanto sia una nostra convinzione legare la nostra felicità alla presenza di una terza persona, che viene spesse volte caricata di responsabilità più grandi di lei, e sulla quale si proiettano aspettative immense.

Vedo spesso donne colpevolizzarsi perché incapaci di procreare e donne troppo sicure di essere «giuste» e di mostrare il figlio come un trofeo. Difficilmente riesco a trovare un equilibrio nel panorama attuale.
Io, invece, ho semplicemente scelto me stessa a fronte di un’altra persona, egoisticamente, e non c’è nulla di male in questo; ho scelto di non voler mettere un’altra persona davanti a me; per la mia esperienza di vita ho capito che non avrei mai potuto – fossi stata di nuovo in pericolo – mettere la mia vita in secondo piano a fronte di quella di un figlio.
Siamo realistici, ogni genitore che si rispetti darebbe la vita per quella di suo figlio, ed io non sento di potermi sacrificare così tanto; ricordo la frase che mi disse mio padre quando mi informò sulla tipologia di intervento che avrei dovuto subire. Mi disse: «Giulia, io voglio averti qui più tempo possibile, non posso preoccuparmi di una cosa che al momento non esiste, di un’idea».
La concretezza con la quale mi parlo è la stessa che ho acquisito io durante il mio percorso, non vi deve essere alcuna vergogna nell’affermare di non voler avere dei figli e allo stesso tempo si dovrebbe avere moltissima concretezza quando si sceglie, invece, di averne.
Interrogatevi prima di fare un passo così importante, riempitevi di domande, testate la vostra forza di volontà, un figlio non ti chiede di venire al mondo, bisogna essere molto pratici e concreti; vedo spesso bambini usati come «merce di scambio» per ferire un partner, o messi al mondo per salvare le apparenze, o peggio ancora, cercati per salvare un rapporto.
L’arrivo di un figlio, come ogni cambiamento importante, porta sempre scompiglio, rompe gli equilibri e bisogna essere, in primis, una coppia solida e prima ancora, individui capaci e consapevoli.
Non mi fraintendete, amo i bambini, ciò che non amo è la leggerezza con la quale alcuni individui agiscono; non possiamo avere potere su un figlio, lo mettiamo al mondo noi, ma non è nostro, e per accettare di non poter avere il controllo su qualcosa di così importante, bisogna essere individui psicologicamente sani.
Prima di amare qualcun altro accertatevi di amare molto di più voi stessi.
Less is more, filosofia di vita spesse volte vincente.