4 anni 40 numeri. Cos’è Il Bullone

Di Giancarlo Perego

Il primo è stato Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che ti racconta dei campi profughi da 5 milioni di abitanti, una sopravvivenza tra violenze e soprusi, ma sempre meglio della guerra. Poi Alex Zanardi, che ti dice: io sono più fortunato di voi… (rivolto ai ragazzi oncologici di B.LIVE). I detenuti di San Vittore e di Opera, che ti sbattono una realtà in faccia: noi prima o poi usciamo di qui, voi la chemioterapia se va bene, altrimenti… Emozioni forti, parole, battute, punti di osservazione diversi sulla vita e sul futuro.

SÌ, SI PUÒ CAMBIARE. Si possono togliere quegli scudi che ti hanno protetto nei precedenti 40 anni in un grande giornale e far entrare fiumi di umanità prima sconosciuta.

SÌ, SI PUÒ CAMBIARE, migliorarsi, così spero. Da guardiano dei palazzi del potere, alla manutenzione dei sentimenti per spingersi in un respiro più aperto e lungo nel tempo. Certo, anche Stefano Boeri, l’architetto del Bosco Verticale, ci ha regalato un’idea di città affollata di alberi, come lo pneumologo Sergio Harari, che si è impuntato sui veleni dell’aria: «Lo smog uccide». «Ci si mette pure lo smog…», aveva detto con la solita ironia un giovane ingegnere appena laureato che oggi non c’è’ più. E Giulio Cavalli, minacciato dalla mafia, che si è presentato con la scorta. Che brutto effetto! Come gli occhi lucidi del dottor Andrea Gori, infettivologo del Policlinico, che ci ha spiegato i rischi dell’amore non protetto; come Gabriella Scarlatti, infettivologa anche lei del San Raffaele, che non ha mai smesso di rassicurare e sorridere. S’impara e SI CAMBIA.

I numeri de Il Bullone dal 1° al 16°

Si ritrasmettono dati e metodi che aiutano gli altri, chi ha paura di mettersi in gioco, chi si gira dall’altra parte e sa che non si può fare per sempre. Perché è maledettamente difficile rimanere indifferenti ai racconti della dottoressa Cristina Cattaneo, medico legale della Statale, che ha studiato il corpo di Jara, la tredicenne bergamasca uccisa in un campo, ma ci ha messo scienza e cuore con i migranti morti nel Mediterraneo. Nel suo laboratorio di piazzale Gorini, sul tavolo la maglia di Messi, una pagella cucita nella giacca di un ragazzino partito da solo dalla Libia, i sacchettini trasparenti con dentro la terra del Paese natio, collanine, amuleti. C’era una stanza piena. Uno strazio. Uno choc.

L’azione di Cristina Cattaneo TI CAMBIA, eccome. Anche l’oncologa Daniela Degiovanni, una vita spesa per la salute di Casale Monferrato, una vita contro il mesotelioma, il cancro provocato dall’amianto che uccide ancora, nonostante la fabbrica sia chiusa dagli anni 80. Nel filotto dei medici che ti entrano dentro con le loro parole e le loro azioni, il dottor Momcilo Jankovic, il pediatra oncologo che nella sua carriera ha visto morire 600 bambini e alla domanda: «come fai a dormire?», ti sorride, come sempre, ti guarda e risponde, «Negli anni 70 morivano l’80 per cento dei bambini e il 20 per cento si salvava, oggi è l’inverso. Bisogna guardare avanti per guarire tutti». E ti viene solo voglia di abbracciarlo. Forte, forte, forte. Anche Salvatore Veca, che fa un altro mestiere ma che ha voluto incontrare i B.Livers in un bar di Porta Romana, ci ha aiutato a capire che non bisogna stare fermi. «Ribelle e che induce gli altri a cambiare abitudini». Come dire, forza giovani cambiate il mondo! E il filosofo milanese ha cambiato noi.

I numeri de Il Bullone dal 17° al 32°

I B.Livers dopo l’incontro sono usciti tra la gente, allo scoperto, gridando: noi ci siamo! Riunioni, interviste con testimonial di vita che ti cambiano. Che mi hanno cambiato. Ecco cos’è Il Bullone. È un’opportunità. Di crescita. Forse si possono capire il mondo, l’anima delle persone, le priorità, stando fermi, ma incontrando chi sa, chi osa, chi si sporca le mani, chi trasferisce conoscenza con amore.

Un grande grazie a questi e a tutti gli altri testimonial di vita che ci hanno costretti a ripensare, a farci opinioni diverse, più complete, articolate. Ci avete resi più sicuri, orgogliosi, forti, nudi. A non avere paura della morte. Se incontri Ferruccio de Bortoli e Giada Lonati, presidente e direttore sanitario di Vidas, e ti parlano del testamento biologico, capisci che stai parlando di vita. La tua vita. E la dottoressa Giada Lonati, che da 25 anni accompagna i malati nell’ultimissimo viaggio, facendoli soffrire il meno possibile. E qui capisci, ma bene, bene, bene, che dobbiamo fare i conti, nelle migliori condizioni possibili, con la morte inevitabile. Per il malato e i parenti, gli amici. Una durissima verità.

Come quando parli con Vittoria, Tiziana, Mariella e le altre mamme che in questi quattro anni del Bullone hanno visto volare oltre le nuvole i loro figli, allora, sì che capisci perché sei finito a B.LIVE, perché solo così sai che cosa significhi essere nudi, senza armi (che non servono) davanti ai percorsi della vita più tortuosi.

INCONTRI CHE TI CAMBIANO. Ogni giorno pensi felicemente a quegli occhi pieni d’amore di Vittoria, Tiziana e Mariella e di tutte le altre mamme. Genitori per sempre. Lezioni di sopravvivenza. Il coraggio di andare avanti con dentro il dolore più grande del mondo. Ecco, Il Bullone è anche questo. È l’autenticità di tutti, tutti coloro che hanno attraversato e attraversano la sofferenza e la voglia di vivere. È un giornale con la porta girevole. Entri se vuoi, esci quando vuoi, ma rimani attaccato perché non puoi più fare a meno di quei respiri.

Sì, perché i protagonisti del Bullone sono i ragazzi B.LIVE, ragazzi che si mettono in gioco, tirano fuori se stessi ogni mese, indipendentemente dalla chemio, dalle visite di controllo, dalle tre pastiglie al giorno per chi ha malattie croniche, delle trasfusioni totali ogni tre settimane, da chi ha disturbi alimentari, da chi ha l’HIV, da chi ha anemie rarissime, da chi ha la miastenia, da chi è oncologico, da chi va in carrozzella, da chi ha, ma non lo vuol dire. Ecco questo è Il Bullone, un mondo di occhi lucidi che sorridono sempre. Battute su battute, prese in giro, ironie.

I numeri de Il Bullone dal 33° al 40°

Una comunità con una mission: normalizzare le malattie. Rendere tutto ordinario e non straordinario. Essere come gli altri. Non diversi. Per questo stai sempre con i migranti, con i vecchi, con i disabili, con i gay, con chi ha una pelle diversa dalla tua, con i popoli oppressi, con gli ultimi. Con la pace. Perché sai che cosa vuol dire essere diversi. E Il Bullone vuole normalizzare la diversità che non c’è. Per questo chiediamo aiuto a illustri colleghi giornalisti, a medici, sondaggisti, sociologi e agli insostituibili volontari che s’impegnano con i B.Livers, a realizzare ogni mese Il Bullone. Volontari silenziosamente presenti, capaci, intelligenti con una sensibilità altissima. Che producono, con i B. Livers, idee, tante idee. Un necessario lavoro oscuro senza i quali Il Bullone non ci sarebbe.

E siamo arrivati così a 40 numeri. Il primo Bullone 12 pagine, oggi quasi 60. Eh sì, abbiamo tante cose da dire, ma, soprattutto, ci piace ascoltare. Walter Tobagi, il grande giornalista del Corriere, diceva: «Capire bene per scrivere meglio». Ecco, noi vogliamo capire partendo anche dalla sofferenza. Yuval Noah Harari, un professore di Oxford, nel suo libro 21 lezioni per il XXI secolo scrive: «…quindi se volete conoscere la verità sul senso della vita e sulla vostra identità, il posto migliore per cominciare è osservare la sofferenza e capire la sua realtà». La risposta non è una storia.

Meglio seguire uno che ha venduto 19 milioni di libri nel mondo. Quasi come Il Bullone… scherzo, noi siamo a 3500 copie al mese, stampate gratuitamente da Monza Stampa con Andrea Pisano e Antonio Aliano, due uomini dal cuore grande che permettono tutto quello che ho scritto qui sopra. Un grazie enorme a tutti. E un abbraccio.