Rivisitare la parola “cancro”e il congresso di Boston

Di Alberto Scanni

Le parole hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita, sono azioni che hanno conseguenze in chi le pronuncia e in chi le ascolta. Non sono immutabili nel tempo, cambiano, invecchiano, muoiono, qualche volta rinascono con nuove accezioni. Una di queste è la parola «cancro», di cui va considerato un uso più appropriato non solo della parola in se stessa, ma anche del linguaggio che la circonda. La guaribilità e la possibilità di curare vantaggiosamente il cancro hanno fortemente depotenziato l’alone di mistero, di dramma e di negatività che fino a ieri aveva la parola, giudicata espressione di un male incurabile.

È opportuna una rigorosa rivisitazione del suo significato tra le persone. Medici ed altri operatori sanitari dovrebbero valorizzare una comunicazione empatica che usi termini più idonei ma adattati al malato, alla sua cultura, alle sue conoscenze e al suo desiderio di essere ben informato.

Tenendo comunque conto che la comunicazione tra malati- medici-altri operatori sanitari è asimmetrica. Tutto questo comporta una formazione alla comunicazione e la necessità di una maggior disponibilità di tempo: un investimento che favorirà un miglioramento del rapporto con la persona malata, una miglior aderenza al programma di cura e forse anche una migliore qualità di vita. Non abolire dunque la parola, ma usarla con criterio di fronte a un malato spaventato, spiegandola, non lasciandone lati oscuri, sfrondandola di opacità terrificanti (malattia incurabile, lunghe sofferenze, ecc.), arricchendola di speranza visti i grandi progressi.

IL CONGRESSO DI BOSTON

Boston, Congresso mondiale del cancro maggio/giugno 2019.

Ha destato particolare interesse in seduta plenaria (32.000 partecipanti da tutto il mondo) la presentazione di due indagini, fatte negli Stati Uniti successivamente a una legge che apre le cure anche agli americani meno abbienti, ove si dimostra che quando la sanità è pubblica si cura meglio e si vive di più. È un punto a favore del nostro sistema sanitario universalistico che cura ugualmente tutti quelli che ne hanno bisogno. Ciò non toglie che anche da noi si deve migliorare indistintamente l’accesso e la fruibilità di tutte le cure oncologiche in modo uniforme nel Paese. Per quanto attiene ai trattamenti, i dati presentati a Boston sono incoraggianti sia per la guarigione che per la cronicizzazione della malattia.