Essere una donna è uno sballo !

Di Benedetta Cappiello

Donna ? che sballo.

Parlare di donne, da donna, è difficile.

Parlare del ruolo della donna, da donna giovane, è ancora più difficile. 

La retorica si fa scontata: donne sesso debole che deve essere protetto. Ancora oggi c’è chi organizza eventi per l’8 marzo, ancora oggi se un uomo viene preferito a una donna, non si giudica la scelta in base alle competenze dei candidati, ma si giudica in base al sesso. Ovvio, l’uomo è stato preferito in quanto uomo. Quando si fanno le commissioni si cerca un equilibrio di genere (anche a costo di preferire chi avrebbe meno titoli).

Così trattate, siamo come panda, o altra specie rara, da proteggere. Tanto anacronismo che cela un perbenismo demodé. Provo a spiegarmi, affrontando il discorso su due piani paralleli, guardando quindi alla donna come essere umano prima e come individuo che ricopre un ruolo nella società poi (inevitabilmente, il mio pensiero si concentra – e si limita – alla società occidentale, vecchia Europa).

Donna, essere umano. 

Il secolo scorso ha permesso alle nostre bisnonne, alle nostre nonne, a mia zia di combattere per il riconoscimento dei diritti civili, di quelli che oggi si danno per scontati. Le donne possono votare, le donne possono divorziare, le donne possono abortire. Il corpus normativo, sia nazionale, sia sovranazionale è stato riadattato. Si distinguono donne e uomini, la patria potestà è «istituto giuridico» scomparso e le donne non sono più oggetto degli uomini (così dice il Legislatore). Mi limito a queste conquiste, soltanto perché sono quelle che abbiamo vissuto più da vicino. Ogni volta che ci penso sono grata a chi, con le sue battaglie, mi permette oggi di vivere, esprimendo il mio pensiero e scegliendo cosa fare.    

Donna, soggetto sociale.

Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna. Quanta verità – del resto è sempre così – in un detto popolare, che potremmo dire senza tempo. Ricordo che alle origini della civiltà erano diffuse società matriarcali, la potnia theròn, statuetta-donna dalle forme morbide, era venerata e consacrata. L’uomo, quel bruto!, doveva solo andare a caccia, procacciare il cibo e difendere la casa. Con il tempo, la società si è trasformata in società patriarcale, ma la donna non ha ceduto di un millimetro, semplicemente si è riadattata. Quante figure di donna, paradigma del potere, ci offre la storia e quanto ci affascinano ancora, le cleopatre circondate da uomini forti e belli completamente nelle loro trame. Donne di palazzo, donne di intrigo, donne che ammaliano e riscaldano con il tepore del loro affetto e della loro dolcezza che ricorda quello di una mamma, che tutte hanno avuto e che molte hanno il privilegio di diventare. Donne come Cristina di Beljoioso, donne che costituiscono e reggono circoli culturali, donne mecenati. Le donne hanno ispirato poeti e poemi, donne hanno ammaliato eroi costringendoli a fermarsi lungo la rotta, se non addirittura a cambiarla. Donne assassine di figli e mariti, donne pazze ma innamorate (foss’anche solo del potere).

Se Alessandro Magno e Napoleone e Cristoforo Colombo e Marco Polo, se Galileo, e Leonardo fossero stati donna, la storia sarebbe cambiata? Ovviamente, ma non necessariamente in meglio. Non mi lascerei dunque sedurre da discorsi poco realistici, il problema non è le donne non hanno mai avuto un ruolo. Piuttosto mi concentrerei su come garantire alle donne la possibilità di esprimersi appieno, scegliendo quindi se vivere a fianco, se ispirare o se superare un uomo. 

Lo sforzo che la realtà di oggi ci chiede non è di rendere le donne uomini, ma di lasciarle essere, semplicemente, donne. Spaventa la cultura, purtroppo ancora vergognosamente diffusa, della donna oggetto dell’uomo, che quindi si sente libero di disporne come meglio crede. Condanna, severa, per queste forme di inumanità. Consola, invece, che le donne stiano lottando per trovare un equilibrio tra i ruoli che possono avere: donna, moglie, amante, madre, professionista. In tal senso si impone una riflessione di principio e di sistema. Il proposito non è quello di equiparare, n’importe quoi, gli stipendi tra donne e uomini; non sarebbe giusto se, ad esempio, la donna avesse preso due anni di aspettativa per occuparsi dei figli e della famiglia, o se avesse optato per il part time. Ribalterei dunque la questione. 

Occorre che vi sia la possibilità di scegliere se, ad esempio, sia l’uomo o la donna a prendersi l’aspettativa. In altre parole, eguali opportunità, poi sarà l’individuo a scegliere. Nel quotidiano, invece, auguro che le donne siano trattate come gli uomini nel senso di essere umani. Che rimangano, invece (e per fortuna) le differenze di genere. Per queste, mi dispiace, non c’è né legislatore né cultura che tenga. Sono per nascita. E che sballo essere donna.