Di Stefania Spadoni
Ti amo.
Sono forse le cinque lettere più complesse dell’alfabeto. Possono cinque lettere definire un mondo così immenso? Io la maggior parte delle volte sono stata disorientata di fronte all’immensità di questa prospettiva, eppure non c’è cosa più bella che amare un altro essere umano. Concetto vero, ma difficile, pieno di implicazioni, complicazioni, doveri, responsabilità, preoccupazioni, gioie e dolori. Quando succede, è un sentimento puro, istintivo e le cinque lettere ti escono dalle labbra senza neanche dare il tempo di soffiare l’aria fuori dalla cassa toracica e di farla vibrare fra le corde vocali: escono e basta. Anche se vorresti trattenerle, lui, l’amore, è più forte della tua volontà, travolge tutto. Poi interviene la tua censura e trovi mille declinazioni da usare per ridimensionare, contenere, veicolare l’emozione che si trasforma: ti voglio bene. Non si ama in una sola maniera, non si vuol bene a tutti in maniera uguale. Non siamo veramente pronti a lasciar spazio a queste cinque lettere nella loro interezza, ci travolgerebbero e noi siamo esseri razionali. Ti amo, è potente. Ti chiamo «amore», ma non so dirti che ti amo. Perciò ti voglio bene. Questo è un modo per dare una forma a ciò che ci attraversa e che ci cambia. Ma se a qualcuno non bastasse? Apriamo le dighe, lasciamo spazio a poeti, cantautori, registi, scrittori, artisti. Convinceteci voi che sapete parlare d’amore, che sapete travolgerci e sapete farci innamorare. Sommergeteci di aria, musica, parole, immagini, movimenti, lasciateci sognare, lasciateci provare. Insegnateci ad amare. E se ancora non bastasse? Stiamo semplicemente in silenzio, guardiamoci negli occhi, lasciamo parlare i nostri corpi, che sono più onesti della nostra mente, più esposti, pronti ad accogliere veramente o a respingere senza mezze misure. Sono veri e soprattutto non sanno mentire. Se dovessi riconoscere un amore vero, senza se e senza ma, affermerei immediatamente quello di mia madre per me e lo giustificherei col fatto che ero fisicamente un pezzo di lei che si è staccato ed è diventato un corpo altro da amare, eppure mi rendo conto che non può essere un criterio universale. In realtà, se mi guardo intorno, riconosco un’infinità di gesti così diversi fra loro, che non esisterebbero se non dettati dall’amore per un’altra persona o per se stessi. Le domande da rivolgere a questo grande tema sono tante, ma forse una è la più importante: si può amare veramente un’altra persona senza prima imparare ad amare se stessi? E poi, com’è difficile il traguardo quando lo è così tanto anche il punto di partenza. Com’è facile smarrirsi quando le strade possibili sono così tante. Cercando sul dizionario il significato del sostantivo benetrovo parole come perfezione morale, utile, vantaggioso, conveniente, serenità, tranquillità, affetto, amore. Ma l’amore è «tutto carte da decifrare», non sono sicura di poterlo identificare in maniera così semplice. Non a parole. Forse coi gesti.