di Mattia Criscione studente Machiavelli
Il 22 giugno siamo andati a visitare la Fabbrica e l’Oasi Zegna a Trivero, un piccolo borgo in provincia di Biella. Ci ha accolti Elisabetta Zegna, che con i suoi tre fratelli e i cugini fa parte della quarta generazione che guida l’azienda manifatturiera di famiglia del famoso marchio di tessuti e confezioni maschili, con 7000 dipendenti e negozi in ogni continente. Il lanificio è stato fondato nel 1910 dal nonno Ermenegildo e nel Museo di Casa Zegna vi è un ricco archivio di tessuti e fotografie che testimoniano la lunga storia della fabbrica, i modelli della produzione e i vestiti più famosi indossati in ogni Paese. Il capostipite Angelo Zegna iniziò come orologiaio e uno dei figli, Ermenegildo, cominciò fin da giovane a lavorare con lui con il sogno di espandere il proprio mercato a livello globale, investendo nella ricerca per una costante innovazione dei materiali che voleva fossero i più fini al mondo. Amante della natura, ecologo ante-litteram nutriva il grande progetto di tracciare una strada panoramica che collegasse la Val Sessera alla Val d’Aosta da Trivero a Bielmonte. Insieme ai suoi figli Aldo e Angelo creò così l’Oasi Zegna, per valorizzare il patrimonio ambientale , con la piantumazione di ben 500.000 conifere. Inoltre creò un centro sociale per i suoi dipendenti e a favore di tutta la popolazione triverese. Questo portò anche ai paesi adiacenti una notevole crescita economica e la rinascita del turismo. Lo stesso Mussolini volle nobilitarlo per ciò che aveva creato. Vittorio Emanuele II lo insignì del titolo di «Conte del monte Rubello». In Italia Zegna fu un esempio per tutti gli imprenditori del campo tessile che rappresentava la principale fonte di reddito nazionale negli anni 60 e 70. I cotonifici, lanifici e setifici erano molto sviluppati e concentrati proprio nel Biellese. Di questa grande fabbrica abbiamo potuto osservare due caratteristiche fondamentali: il ciclo produttivo completo, dalla lana grezza al tessuto finito, passando per tutte le fasi intermedie e l’utilizzo esclusivo di fibra naturale animale. Il suo motto è «from sheep to shop» che a mio parere, costituisce il punto di forza di questa azienda centenaria. Linda Angeli, la guida, ci ha mostrato il vello delle pecore e delle capre appena tosato. Ci ha spiegato che la qualità della materia prima si giudica dalla finezza, robustezza e lucentezza. La finezza (diametro del filo) può arrivare anche a 13 micron (millesimo di millimetro) e ultimamente hanno raggiunto anche 9,8 micron. Per immaginare queste «micro misure» possiamo considerare che il capello umano ha un diametro di 50- 60 micron. La lana viene quindi lavata utilizzando l’acqua di Trivero che ha una percentuale bassissima di sali minerali, poi viene pettinata, cardata e infine filata con macchinari appositi. Un tempo queste operazioni venivano eseguite a mano, poi sono venuti i telai a navetta, oggi invece si usano apparecchi robotizzati. Nonostante questo 450 persone tra operai e impiegati lavorano in questa azienda. Il «bounce» (grosso rotolo di lana) viene pettinato 5-6 volte, successivamente il «top» viene tirato dalla macchina, quindi avviene la torsione perché le fibre aderiscano senza incamerare aria, di modo che il filo risulti più sottile. Dal top, la lavorazione passa allo stoppino, poi al filo, in seguito iniziano i vari processi di intreccio: l’orditura, la tessitura. La nobilitazione è la fase finale, dopodiché il tessuto viene confezionato. Cinquecento mani partecipano all’operazione completa. Per fabbricare una giacca, sono necessari 140 pezzi; da 1kg di lana si possono ricavare 180 km di filo. Ermenegildo Zegna importa materiali da tutto il mondo: la lana Merino dall’Australia, il Mohair dal Sud Africa, la Vicuña dal Perù e il Cashmere dalla Mongolia, salvaguardando i territori d’origine. Da qualche anno l’azienda partecipa al «Progetto Vicuña» per proteggere gli animali dal bracconaggio e permettere agli allevatori un reddito legale, fornendo acqua e strutture idriche a tutta la comunità. In questo modo ha potuto salvare la vicuña dal pericolo di estinzione. Il dottor Ferraris, marito di Anna Zegna, C.O. del Lanificio ci spiegava che questo animale vive allo stato selvaggio e i campesinos peruviani devono strippargli il pelo superficiale molto velocemente per non stressarlo, provocandogli un attacco cardiaco. Nell’azienda le fibre nobili naturali vengono valorizzate al meglio, applicando una costante ricerca tecnologica per creare e produrre tessuti leggeri, morbidi e raffinati, con prestazioni sempre migliori, esportando così ovunque il meglio del Made in Italy e i tessuti più pregiati al mondo. La visita a Casa Zegna è stata entusiasmante! Noi ragazzi diamo per scontato molte attività, ma la passione con cui Linda ed Elisabetta Zegna raccontavano orgogliose e con grande emozione la storia del capostipite Ermenegildo e della sua visione sociale, ci ha fatto comprendere in pieno il suo impegno nel fornire lavoro e sostegno agli abitanti della zona. Da Trivero in pullman abbiamo percorso i tornanti in salita lungo la Panoramica Zegna verso Bielmonte in mezzo alle foreste di pini, con i rododendri e siamo arrivati ad un ampio piazzale con una vista fantastica. L’aria era frizzante e un cielo senza nuvole abbracciava le valli, i fiumi e i monti circostanti. Ci siamo seduti al sole sul prato scosceso da cui vedevamo gli alpeggi con le capre. È stato un momento di grande gioia immersi nel silenzio e nel verde della natura, in cui abbiamo capito che il territorio non è solo una cornice, ma il luogo dove da un secolo un progetto visionario porta benessere diffuso anche in momenti economici difficili come quelli attuali.